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Sylvia Plath

Ultimo Aggiornamento: 01/03/2010 20:58
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Post: 798
24/11/2009 19:33
 
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Sono Verticale

Sono verticale
Ma vorrei piuttosto essere orizzontale.
Non sono un albero con le radici nella terra
A succhiare minerali e amore materno
Così che ogni Marzo che viene io possa luccicare in una foglia,
e nemmeno sono la bellezza di un’aiuola del giardino
ad attrarre la meraviglia d’essere dipinta in modo spettacolare,
inconsapevole che dovrò presto perdere i petali.

Paragonato a me, un albero è immortale
E la corolla di un fiore non alta, ma più sorprendente,
e io è la longevità dell’uno e l’audacia dell’altra che voglio

Stanotte, nell’infinitesimale luce delle stelle,
gli alberi e i fiori hanno sparso il loro fresco profumo.
Ci passo in mezzo, ma nessuno di loro pare accorgersene.
Talvolta penso che mentre dormo
forse rassomiglio a loro nel modo più perfetto –
con i miei pensieri andati in nebbia.
Mi riesce più naturale stare sdraiata.
Così il cielo ed io siamo in conversazione aperta,
e sarò utile quando rimarrò stesa per sempre:
allora forse gli alberi mi toccheranno per una volta,
e i fiori avranno tempo per me.


[Modificato da Ecat Mel 24/11/2009 19:36]
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Post: 547
25/11/2009 16:29
 
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Re: Sono Verticale
Ecat Mel, 24/11/2009 19.33:




Non sono un albero con le radici nella terra
A succhiare minerali e amore materno
Così che ogni Marzo che viene io possa luccicare in una foglia
.....

Paragonato a me, un albero è immortale
E la corolla di un fiore non alta, ma più sorprendente,
e io è la longevità dell’uno e l’audacia dell’altra che voglio





Sei versi meravigliosi, dove la poetessa raggiunge il massimo, in questo pezzo. Poesia nella poesia.



Non sono un albero
con le radici nella terra
A succhiare minerali e amore materno
Così che ogni Marzo che viene
io possa luccicare in una foglia

Paragonato a me, un albero è immortale
E la corolla di un fiore
non alta, ma più sorprendente, e io
è la longevità dell’uno e
l’audacia dell’altra che voglio


Leda






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Post: 798
25/11/2009 16:49
 
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La biografia

Nata nel 1932 nel Massachusetts, trascorre l'infanzia e l'adolescenza in famiglia, vicino a Boston, all'interno di un ambiente colto e conservatore. Il padre, a cui e' ambivalentemente molto legata, muore quando lei ha otto anni; molta critica successiva dara' grande importanza a questa perdita prematura e all'intensita' edipica ancora in atto in Sylvia quando il padre scompare ("…… era un autocrate — dira' piu' avanti negli anni — lo amavo e detestavo e probabilmente ho desiderato spesso che morisse. Quando mori', immaginai di essere stata io ad ucciderlo……").

Bambina e studentessa modello, timida ed introversa, inizia a scrivere molto presto e ad inviare i suoi scritti a riviste e a premi scolastici; e' la piu' produttiva tra gli studenti, e va gia' maturando un'attenzione e una ricerca sofisticata e particolarissima verso la parola e l'uso della metafora, che non la abbandonera' piu'.

In parallelo al caparbio impegno verso un'affermazione prima universitaria e poi letteraria, inizia il percorso depressivo di Sylvia, la presenza strisciante di quell'angoscia di vivere che la conduce, nel '53, al primo tentativo di suicidio.

Dimessa dall'ospedale (dove e' trattata con psicoterapia ed elettroshock), si laurea l'anno seguente con lode, nel '54. Nel '56 sposa il poeta inglese Ted Hughes, unica relazione intima ed importante della sua vita, che diventa il baricentro del grande bisogno di amore di Sylvia e con il quale, all'inizio, l'unione sembra idilliaca. Nel '60 esce "The Colossus", la prima raccolta di poesia. I due vivono a Londra e hanno due figli, Frieda e Nicholas, ma e' proprio con la nascita del secondo bambino che il matrimonio si incrina fino a che Ted, nel '62, non se va definitivamente con un'altra donna.

Sylvia resta sola, senza soldi, nella casa di Londra, divisa tra il dover provvedere ai bambini, la necessita' di scrivere come una furibonda esigenza interna (e' questo breve periodo che la separa dalla morte il suo momento piu' dolente creativo), la nostalgia di Ted ("…..Ted e' a Soho, a pochi passi; e' piccolo come uno gnomo, se ne va sui tetti, le sue orme sulla neve…."), la depressione ("….tutti subiscono le conseguenze dei miei scatti d'ira, i cambiamenti d'umore, i momenti di depressione cupa e ottusa….. odio la debolezza in cui mi gettano le lacrime, odio la solitudine insediata nelle mie viscere, odio in me la donna che chiede e il mio stesso terrore….").

Scrive in questo breve periodo, tra il '62 e il '63, i suoi lavori piu' famosi, pubblicati in gran parte postumi: "The Bell Jar", uscito nel '63, poco dopo la morte; "Ariel", nel '65, forse la sua opera piu' struggente, scritta nei mesi precedenti il suicidio; nel '71 esce "Crossing the Water". Sara' Ted ad aver cura delle pubblicazioni postume dei lavori di Sylvia.
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Post: 798
25/11/2009 17:03
 
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Re: Re: Sono Verticale

Sono rimasta affascinata da questa poesia... in questi versi si sente tutto il bisogno d'amore di quest'autrice, la bellezza e la tremenda sensazione di sentirsi separati, distanti da ogni cosa, tanto da diventare invisibili...

Stanotte, nell’infinitesimale luce delle stelle,
gli alberi e i fiori hanno sparso il loro fresco profumo.
Ci passo in mezzo, ma nessuno di loro pare accorgersene.


Un desiderio di appartenenza, in cui ritorna il pensiero della morte, come desiderio di pace, di comunione, finalmente di amore.

Mi riesce più naturale stare sdraiata.
Così il cielo ed io siamo in conversazione aperta,
e sarò utile quando rimarrò stesa per sempre:
allora forse gli alberi mi toccheranno per una volta,
e i fiori avranno tempo per me.
[Modificato da Ecat Mel 25/11/2009 17:03]
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Post: 1.652
27/11/2009 17:40
 
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beh! grazie Mirella, non la conoscevo.
Leggerla è stata un'emozione, soprattutto dopo, analizzando la sua vita, ho capito meglio le cose che mi ha trasmesso.
E' impossibile prescindere la scrittura dalla vita...



"i ritorni hanno rugiada sulla bocca e sorrisi fra mani confuse"
www.francescacoppola.wordpress.com
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Post: 1.681
04/12/2009 12:36
 
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ho letto un po' di opere di questa dolente scrittrice e ne sono rimasta colpita. pur avendone sentito parlare non mi ero mai presa la briga di cercare sue poesie, nè di indagare la sua storia.
io penso che l'indifferenza sia ciò che ammazza le persone, quelle troppo sensibili per essere al mondo, ma che anche le liberi dal dolore...

ho cercato Ariel, e la riporto


Ariel

Stasi nel buio. Poi
l’insostanziale azzurro
versarsi di vette e distanze.

Leonessa di Dio,
come in una ci evolviamo,
perno di calcagni e ginocchi! -

La ruga
s’incide e si cancella, sorella
al bruno arco
del collo che non posso serrare,

bacche
occhiodimoro oscuri
lanciano ami -

Boccate di un nero dolce sangue,
ombre.
Qualcos’altro

mi tira su nell’aria -
cosce, capelli;
dai miei calcagni si squama.

Bianca
godiva, mi spoglio -
morte mani, morte stringenze.

E adesso io
spumeggio al grano, scintillio di mari.
Il pianto del bambino

nel muro si liquefà.
E io
sono la freccia,

la rugiada che vola
suicida, in una con la spinta
dentro il rosso

occhio cratere del mattino.


***


si resta muti. fuoco
che tinge le mani
e l'aria non tace
non tace mai

in questi interstizi di pelle
mi porto troppi inverni
le case, i freddi
raggomitolati nelle ossa
e gli arcobaleni nelle braccia
schiudono frontiere ferme

ferma

al volo non concesso

(questa la aggiungo io)

"La più alta forma di intelligenza umana è la capacità di osservare senza giudicare." (Jiddu Krishnamurti)
robertadaquino.wordpress.com



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Post: 547
04/12/2009 15:16
 
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Stavo giusto scrivendo un testo col nome di Donna. Sembrava che venisse bene e poi, mi sono messa in testa di tradurlo in endecasillabi e sono riuscita a rovinare la prima parte, ingabbiandola troppo. Ho salvato la seconda, ma aspettavo il momento per cercare di rendere ancora leggera la prima. Voglio chiarire, non sono contro la metrica e si evince dai miei testi. Però preferisco che venda dall'orecchio piuttosto che dai conteggi delle sillabe. E quella che stavo applicando a questa poesia era proprio un po' forzata.

Poi sulla scia della Plath e di Roberta, credo di avere trovato la chiave per salvare la poesia. Qui la propongo, e mi riservo il tempo di lasciarla decantare. Poi la riporterò anche in "Sfumature", così mi direte.




Giulia, quasi Giulia



Le notti
son due passi in colonna
il ricomporsi di schiaffi
che strappano
l'ultima sigaretta

è Giulia - dove s’aggira
il sangue ai marciapiedi
fasci di lampioni
come certi amori
senza censimento

La voce che assottiglia
orme, un tirar dritto
su di un nome
non ancora tradito

Così che ai dubbi
chiude la pianura
somma irrigata
senza tratti brevi

Giulia, palmo di fumo
sui passi di casa
sulle tovaglie - a declamare
calcestruzzi che affogano
propensioni da soprano

Giulia, quasi Giulia
- grembo
di una chiave di sol
affissa in gola

Leda






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Post: 1.652
04/12/2009 15:41
 
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Nient'altro che Ines

arretra a porte smorte
e attende, tecnico sillabare
inerme, struggente

poi sembra una tarantola
nei risvegli a fari spenti
e la notte,
mattone troppo piccolo
da dipingere

Ammasso di cotone sfatto
quasi perfetto nel suo disordine
lasciato ad un letto
e a quelle preghiere

"Ines"
--------------------- urlava la voce
di una madre perdente,
forse giro la schiena
(abbraccio nascosto, imbroglio
inarcato alla bussola che non c'era)



[Modificato da Francesca Coppola 04/12/2009 16:43]


"i ritorni hanno rugiada sulla bocca e sorrisi fra mani confuse"
www.francescacoppola.wordpress.com
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Post: 686
01/03/2010 20:58
 
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Re: Sono Verticale
Ecat Mel, 24/11/2009 19.33:


Mi riesce più naturale stare sdraiata.
Così il cielo ed io siamo in conversazione aperta,
e sarò utile quando rimarrò stesa per sempre:
allora forse gli alberi mi toccheranno per una volta,
e i fiori avranno tempo per me.






Invece a me è qui, in questo punto, che ha tremato il cuore. dio mio, che modo dolce e umile e straziante e insieme quieto di parlare della propria solitudine e della morte.

http://fiorelladerrico.wordpress.com
http://fiorelladerrico.blogspot.com

"Se tu la mia tomba vorrai sfiorare con le delicate mani poni una pietra di ferro e di peso sulla bianca lastra che mi copre, e tu scriverai il verso che chiude l'intenso paragone."
Amelia rosselli
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