Farò di te ricami d’aria, parole sospese tra i pennacchi del canneto e sarà come rischiarare il buio, insieme, per ogni respiro concessoci dal tempo. Quando verrà d’un tratto quella luce, inaspettata spia di un nuovo divenire, guarderemo le scintille formatesi nel gorgo tra il sale e l’acqua dolce. Se tu verrai, a passi lenti, porgendomi la mano, se accetterai che le mie orme siano guida, arriveremo infondo al sole ancora prima che rinasca e gli ossi di seppia abbandonati sulla sabbia ci appariranno barche alla deriva, le zampe dei gabbiani alberi già pronti a rinforzare vele, le stelle a poco a poco scolorite, saranno come lampi di magnolie. Mi allungherai quel fiore senza alcun rumore, mi sfiorerai le ciglia piano piano, lo poggerai sul palmo della mano… lontano, conducimi lontano, in nessun luogo, in uno nuovo e ancora sconosciuto, dipinto dal pennello di un poeta, lontano, lontano solo tra i respiri, camminami le dita sulla schiena, ora che lo scialle dei tuoi occhi sta scoprendo le paure, come nei, costellazioni nere da unire nel il gioco dei puntini. Spiegami nel cuore questo affanno senza vento… si dice AMORE in gergo, ma ci credi?! Amore, Amore è solo una parola, scritta troppe volte sulla sabbia. Lasciamo al mondo le definizioni, cataloghi per pezzi tutti uguali. Cos’hai tu di simile a un lampione incolonnato e acceso da un sensore sulla strada? E cosa ho io che rassomigli a un fiore dozzinale?
Lo sterno crepitante in verbi senza forma è un codice criptato, è un segreto, un rumore che non s’ode e non si vede, è un nodo assorbito da una quercia secolare.