Voglio dedicare questa pagina a un autore conosciuto sul web e che ospita il mio blog sul suo, accanto a quelli (singoli o collettivi) che contengono autori che stimo e reputo tra i migliori che il panorama poetico della rete ci consente di leggere.
Ecco alcuni testi di questo autore. Se poi vorreste approfondire, ecco il link:
giuseppe-martinelli.blogspot.com/
RIGEL
… "l'instant de ma mort désormais toujours en instance"
M.B.
A poche ore da quando noi rèduci,
appesantiti da certo sentimento di leggerezza
si conversava del presunto ed unico film su Blanchot
(dai, prima di morire troviamone una copia - la rencontre de la mort
et de la morte et de la morte et de la mort -)…
« Le Feu Follet » fin troppe volte visto, e l’ipnosi dei fogli,
- eriche neutre messe in sospesa dimora -
e s’indugiava su un Demi Sec ed altro sativa, mentre io stavo secco
al muro, (******************) dall’altra parte della clessidra lattea
a non so più quanti parsec,
-rijl jawza al-yusra – azzurropiùazzurropiùazzurro – ultravioletto,
nella stessa follia del perpetuo mezzogiorno d’acquisti
prendeva in mano per la prima volta,
la prima sua copia del testo del nostro caro maestro
e clandestino compagno:
“La sentenza di Morte” in prestito, con scadenza mestruale.
Curioso che quest’imminenza sia anche arresto e giacenza in franchigia,
(quasi a procrastinare amici cari): forse per
quella sentenza di poca maestria e mira alemanna
o solo arresto, stupore e immobilità in fuga,
- ridicolo riparo dietro sacchi di sabbia
che uccide perché non uccide all’istante -
e poi lungo cinquant’anni eternamente presente?
Natale d’autore
Tra le porte tagliafuoco, i panettoni Tagliafico,
le monachelle di S. Antonio e medici Mangiafuoco
nella rianimazione geriatrica
sulla carta a parati sacre immagini d’epoca,
poche auto, molte ombre post-daguerréotype e bici
sta all’ingresso un presepe bambagione.
E un assurdo omaggio, forse alla Costanza di Maurizio,
(un vero falso d’autore copista con tanto di timbro firmato
certificatore di non autenticità e sbaffo ben in vista):
“Kizette en Rose” più stretta che larga, anoressica con garbo,
di Tamara da Lempicka del 28’ più o meno, data di nascita
di molti sdentati di questa perfida ruota che passa a lucidare
il linimento, guidata da un giovine dottorino oculista Algerino,
tra le cui cosce di fanciulla e gonnellino a pieghe
non intravidi panno ma libro,
una fastidiosa maschietta in bianco calzettone, e volèe rispedite,
il che rianima per niente l’ululante intubato e
mal sedato, ma forse si la coppietta che sulla soglia addosso alla
porta che scorre senziente in piedi tuba,
e se ne va e viene, in tutto quel bianco smegma temperato,
come il personale al cambio di turno…
(dell’infermiera a domanda, solo l’ascella e il popò rispose)
se ne lustra gomiti e mani neutre d’Art de Coop.
ANITA
„Er geht schon dahin wie auf Krücken, der Morphinist des Lebens“
(Peter Altenberg)
Torno da “Anita” in Piazza Erbe a Bolzano
in modo meno garibaldino dei miei lontani diciott’anni,
(il tempo galantuomo ha fatto su
di me a ciclo continuo e senza standard di sicurezza gli straordinari)
mentre nel locale annoto: mirati e non stravolgenti restauri,
l’amato bancone del bar d’acciaio levigato, incarnato, da
generazioni e tempeste poco Jüngeriane in boccali di birra e
gomiti silenziosi e chiacchiere e alzate d’ingegno,
da venire ancora i tempi in cui le vecchie spugne affluirono
ai dopobarba, ai profumi, all’aceto e agli incensi.
Mancano, nella fruttiera ora forse Alessi per le arance,
le adamitiche uova sode vietate mi spiega la proprietaria
(mi ha riconosciuto, il metanolo degli anni solo su me mostra danni)
da una curiosa petulanza di profilassi ed igiene,
neanche fosse l’acquasantiera di Wagner allo Steinhof
buona per miglior causa ed istanza,
Uffa.
Scommettevamo, di altro caduto in prescrizione glissiamo,
su chi avrebbe ingollato più uova sode ad oltranza,
coadiuvati da Hrabaliane bevute e stivalate di birra:
a chi toccasse in sorte la bolla, il rigurgito, quanto si speculava,
per un’altra corvée ed oltraggio.
Non ho motivo di credere che Aldina e Claudietto rechino,
anzi, falsa testimonianza.
Ora che la figliola mia ha l’età di quando avevo l’età sua,
da Anita bontà sua Marillenknödel a volontà:
patate, farina, uova e pan grattà,
albicocche, zucchero, sale e soprattutto
cannella, amoroso battericida fin dall’antichità.
Se poi ci diporteremo nell’Arcipelago Gulasch con Flemma,
Fiaker, Sacher-Masoch, Messaline e Baedeker di Vienna
dispersi fra turisti, ecoballe e palle di Mozàrt
oltre le ambasce e l’Ambasciata Bulgara un tempo bambagia
Wittgenstein,
nella Rasumofskygasse 7 al Café Zartl
a poco prezzo ti sorprenderanno tre o quattro moschettieri
e forse di giornata canederli d’albicocca d’annata
gustosi e demoniaci cugini e fantasmi del mitico Doderer,
che tu non pensi a Zoderer
né io al Fensterrecht e alle cento linee curve, a Veneri in Pelliccia
e ai buchi e pozzi neri nell’acqua
e a che ónta movère dai Gas della Berggasse:
„jö schau, so a sau, jössas na / was macht a nackerter im Anita“.
Saranno i Marillenknödel ad assopire lo spirito
o lo spirito assopito ad averli concepiti,
che marasma
col vostro consenso, cari arti e artisti fantasma?
Queste meste riflessioni nella Schottengasse mi attendono e
mosche Jugendstilizzate dal pissoir tele sorvegliano
che non la si faccia fuori dal vaso, benché ancora
la vetusta confusione fra vasi da notte, urne, belle-de-jour,
speckfahne, porcellane, bagatelle e massacri
le ultime sembianze e vestigia comunicano.
Mephisto Valzer
…(il correttore word suggerisce Depisto)…
L’ascensione spaccacuore e pensiero
nel silvestre primo dell’anno
ritrova i resti dei botti
della notte prima.
L’anima al diavolo per un’ora di sonno
decente, ma niente - solo pensare a Frau Barbara e
il giorno seguente - raccogliere rossi bengala
“Mefisto”da Pianura Napoli
e nemmeno chiano chiano inesplosi nella neve
e leggere sul giornale che provocarono
amputazioni di mani e deflagrazione di giovani visi e vegliardi
ma non d’insonnie e refrattarie veglie.
Mephisto valzer di Liszt,
accompagnato al pianoforte mentale da Svjatoslav Richter
e tutti quei sincopati
e pensare al Mädler-Passage e al Mephisto Bar
e il suo Cocktail Nr. One, sui divanetti di pelle rossa
a Lipsia, da cui uscì una comitiva e una locomotiva
in cerca dell’ultimo ristorante Cubano
e sempre davanti alla Nikolaikirche elemosinava dignitosa gente.
Comprando giornali nominabili:
“Il Manifesto e la “Sueddeutschzeitung” , mi pare,
all’edicola della stazione, ora che più non possiamo fumare,
giuri d’aver intravisto le Giuba o Giubek Rosse,
riammesse dal balosso Monopolio Tabacchi,
se ancora così si chiama e le bibliotecarie e Alessandrine:
“Me Ne Frego”di oramai saturata memoria.
L’Arrampicatore Culturale
“Come se scrivere non fosse ciò che di più innocente vi è,
ossia di più pericoloso"
Blanchot, Le Livre à venir
”Dell’organismo bisogna conservare quanto basta perché
si riformi a ogni alba”.
Deleuze - Guattari
Ci trovammo dispersi sotto gli avari tigli e betulle fra cinquanta piedi
e mille e non più mille foglie agonizzanti nella calura
per conferire di agencement e arborescenze
(come farsi un CsO)
alcuni a far rizòma altri perizoma, nessuno far cattleya nell’ora
dove pure le ombre se la danno a gambe fra le gambe
- beate ombre che saltano dentro le proprie ombre -
delle poche uditrici presenti e nessun ombrellone
o tettoia dove riparare né pietosa anèmone
l’anima debole e il grembo distratto
solo l’atroce toilette con calendario porno
in cui trovare refrigerio attaccati ai concatenamenti
e alla visione angiospermatica di W Debora senza Wonderbra.
Pensai ai bulbi di narciso dimenticati in cantina e
provai la frescura conlattanea d’invidia,
solo sei ore distante, l’ultima vestizione della madre.
S’avvicina l’arrampicatore culturale fuori corso,
ha incontrato, in qualche Casa Basaglia,
sempre la solita storia diversa d’ordinaria follia
l’Alda Merini: d’autografi, autogrill, mottetti, rossetti,
gli enormi sfilatini, stilemi e filoni di perle e parole amare
arredata…
- altro che cellularizzare gli specchi -
che non gradì d’essere idolatrata e lo mandò
letteralmente a cagare.
A Merano sulla passeggiata dei golosi e della Gola Gilf o Gisella,
figlia di NN o SS ben non ricordo,
artisti locali hanno inciso a fuoco non lettere scarlatte
ma versi di poeti immortali e
forse anche dell’adultera Aldina su una panchina,
ma non metterei la mano, né la penna sul fuoco,
(là dove forse arderà un innamorato o un clochard)
che portò, a me freschino, a lei più che vitalizi Bacchelli, sfiga,
come a Luzi la senatoronoranza: lieta e miglior vita.
[Modificato da lunasepolta 06/02/2010 09:02]
Leda