Prima di domandarci dove sia rivolto il volto di Dio, sarebbe il caso di domandarci cosa si intenda per Dio. Si tratta di un concetto? O è l’oggetto di un’esperienza personale? Se è soltanto un concetto, potrà avere la sua utilità, ma, in fondo, andrà guardato con un certo distacco. Personalmente credo che Dio sia prima di tutto l’oggetto di un’esperienza personale e, solo successivamente, di una concettualizzazione. Ma se è oggetto di esperienza andrebbe chiarito il rapporto tra il soggetto che esperisce e l’oggetto esperito e qui il discorso si complicherebbe a dismisura con divergenze insanabili di opinioni.
Anche se Dio è oggetto di rivelazione i termini del problema non cambiano: si rivela un concetto di Dio? O Dio si rivela in un’esperienza personale?
Data per scontata la seconda ipotesi e prescindendo da questioni metafisiche e gnoseologiche, vengo all’argomento del topic.
La capacità di esperire Dio, la sua presenza, il suo agire, in occidente si è andata assottigliando sempre più, di pari passo con lo sviluppo della civiltà scientifico-tecnologica, e con tutte le sue conseguenze culturali, positive e negative.
L’esperienza di Dio è sempre connessa alla coscienza della nostra finitezza, del limite, ed al nostro desiderio di infinito; ma i limiti della nostra finitezza si sono molto ampliati e la soglia di percezione dell’esperienza di Dio si è fatta specularmene più fine.
L’eclissi di Dio nell’occidente è semplicemente il riflesso di una sordità a questi sottili “ultrasuoni” o, se vogliamo, dal fatto che quello che prima era un suono percettibile è diventato, per quell’ampliamento, un ultrasuono.
La vitalità dei paesi in via di sviluppo, ho l’impressione sia solo il preludio a ciò che in occidente è già compiuto.
La riflessione sul problema del “silenzio di Dio”, ad esempio, è strettamente connessa al problema di Auschwitz: dov’era Dio mentre tutto ciò accadeva? Eppure la stessa posizione del problema è frutto della sensibilità sviluppata dalla civiltà occidentale: cristiana, illuminista, scientifico-tecnologica (nessuno di questi termini sarebbe stato possibile senza quello che lo precede), della sensibilità nei confronti della responsabilità e dignità morale dell’uomo, che richiede almeno in ugual misura anche a Dio (perché altrimenti diventerebbe un demonio).
Infatti se lo sono posto, essenzialmente ebrei e cristiani. Molte stragi e genocidi sono avvenuti in tutto il mondo e in tutte le epoche, senza che ciò ponesse il problema di Dio, nemmeno nell’occidente pre-moderno.
Percepire l’esperienza di Dio, per un uomo consapevole delle implicazioni morali di Auschwitz, è riuscire a sentire un suono molto, molto sottile.
Per quanto riguarda la Chiesa Cattolica e le altre confessioni cristiane, al fenomeno che ho descritto sopra, va aggiunto il fatto che in occidente c’è ancora una vasta area di adesione formale, legata al ruolo tradizionale che tali chiese hanno avuto nella nostra civiltà, cosa che non si può riscontrare, ad esempio, in Cina, dove le religioni tradizionali sono altre.
Però non ho letto la tua poesia, mi propongo di leggerla al più presto.