Volevo discutere con voi alcune riflessioni che mi ha suggerito la lettura di
Tondelli, in particolare il romanzo "Rimini", in cui la ricerca dell'Assoluto e l'abbandono che esso comporta è il tema forte del romanzo. Per Tondelli l'Assoluto è un'epifania improvvisa, imprevedibile, sconvolgente, che costringe l'individuo ad uscire dal flusso della sua esistenza ordinaria per rimettersi in questione, decidere se morire o rinascere, questa epifania si presenta nei momenti in cui l'io razionale si ritira, poco importa se a causa dell'ebrezza per alcool o droghe, nel sesso (etero o omosex poco importa), o per un dolore così grande e improvviso che non può essere razionalizzato.
"Verso mattino Alberto raggiunse la pensione. I suoi passi erano faticosi. Impiegò molti minuti per salire le rampe di scale. Quando fu sul pianerottolo, gettò lo sguardo sulla verso la porta da cui tante volte era provenuta quella luce calda e femminile. Quella mattina, per la prima volta era spenta. La porta chiusa. Milvia era partita il giorno prima con i suoi figli. Era arrivato il marito e se li era portati via con sé. Fu la prima volta che sentì una profonda, dolorosa nostalgia per quella luce che non c'era più. Barcollò fino alle tende, in fondo al corridoio che trattenevano la luce del giorno. Si aggrappò e tirò con tutta la sua forza. Il chiarore entrò nel corridoio come un lampo. Strinse gli occhi. Pensò che annegare forse doveva essere la stessa cosa: dissolversi rabbiosamente nella luce troppo forte di un nuovo mattino."
Rimini, pag 683 (Opere complete, ed Bompiani)
Ad un primo sguardo sembra una banale descrizione di una relazione finita fra un uomo e la sua amante reclamata dal legittimo consorte, ma ad un'analisi più attenta è facile capire come l'abbandono di cui si parla ha tratti "mistici", l'insistenza sulla luce, la salite delle scale, la porta ("La porta stretta" del Vangelo di Luca), l'annegamento immaginato nel finale.
"Si baciarono ancora a lungo finché Aelred non disse: "Voglio che sia ora". Bruno lo accarezzò nella fessura fra le cosce, gli andò dietro e lo percorse con la lingua salendo fino alla schiena e scendedo fino alla punta del cazzo che stringeva ripiegato sotto. Aelred cominciò a muoversi e Bruno sentì che era giunto il momento. Lo bagno. Poi risalì, lo abbraccò e cominciò a spingere.
Avvinghiati l'uno alle spalle dell'altro, le nuche sovrapposte, il respiro veloce, i gemiti, gli ansimi, le grida soffocate, le parole che Bruno sussurrò all'orecchio infuocato di Aelred, i sospiri, i singhiozzi, tutto si fuse come una corda che vibra e il cui suono si riverbera nella cassa armonica del mondo. Il loro movimento divenne il gesto dei loro nervi, i loro sospiri il canto dell'universo. Quando Bruno finalmente entrò nel corpo di Aelred, qualcosa tra loro esplose e li scagliò insieme in un'avventura solamente loro, in quel momento e in quell'ora, potevano vivere in nome dell'umanità. I loro gesti si fecero più rapidi, la mano di Bruno si sovrappose a quella di Aelred stretta attorno alla colonna del proprio sesso. Erano in orbita. Tutto scomparve. Restò un solo brusio, continuo e monodico, come emesso da una cassa di amplificazione accesa, un brusio che fece tremare le loro orecchie ed era la voce del loro viaggio. Il brusio divenne più forte fino a scoprire, oltre a quella vibrazione, un accordo nuovo, unitario e totale che viaggiò in completa sintonia con il loro silenzio interiore. [...] Aelred scoppiò per primo, gridando. Bruno sentì la propria mano inondata da quel succo caldo, aprì gli occhi e vide un secondo schizzo lanciato in alto che si apriva come un fiore. [...] Bruno si abbandonò sul letto e ringraziò Dio per avergli fatto conoscere, attraverso il corpo di Aelred, la preghiera nascosta e universale delle sue creature"
Rimini, pag 621
Qui abbiamo una scena erotica fra due uomini in cui si innesta una riflessione mistica, riconoscibile per il simbolismo del fiore (l'amore passionale per Dio), il suono monocorde e persistente che guida lo svolgersi del rapporto fra i due (simile a quelllo creato dalla giaculatorie o dalla ripetizione ad libitum di singole sillabe come nelle preghiere indù e buddhiste), e nel finale l'abbandono di ogni tensione e la sospensione in un tempo che non è più umano, ma quello eterno e senza scosse di Dio.
Che ne pensate? avete mai vissuto momenti simili? Credete nelle epifanie (divine, ma anche più genericamente in momenti cruciali in cui l'esistenza rivela qualcosa che va oltre, e non sapete spiegare)?
a voi
"Il poeta è puro acciaio, duro come una selce" Novalis
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