Fu un poeta molto prolifico Ghiannis Ritsos.
Non c'è stato giorno della sua vita, almeno fino al male che se lo portò via in pochi mesi e che concluse la sua esistenza l'11 novembre 1990, che non vergasse almeno un verso sui suoi taccuini. Aveva qualcosa di bizantino ed infatti il suo stile era il risultato di un continuo lavorio sulle poesie, pubblicate in numerose raccolte, oltre cento. Altrettante sono da considerarsi inedite o distrutte per mano dello stesso Ritsos. In effetti la sua vita fu una lunga e ininterrotta poesia.
Era nato il 1° maggio 1909 a Monemvassià, villaggio del Peloponneso meridionale, e si era sempre definito un "artigiano della parola": interrotti gli studi a diciotto anni per la rovina della sua agiata famiglia e un principio di tisi, fu ballerino di avanspettacolo e correttore di bozze, partigiano durante la seconda guerra mondiale e deportato durante il regime dei "colonnelli".
L'opera poetica di Ritsos mette al centro l'uomo, trovando questo antropocentrismo nel retaggio di tutta l'arte classica greca. È l'uomo capace di orrori indicibili - e lo testimoniano la lotta al nazifascismo, la guerra civile, le divisioni - e al contempo in grado di alte realizzazioni. Allora, ecco lo scopo del poeta secondo Ritsos: sperare, affidare a questo rischio le proprie parole, credere possibile un mondo migliore, dominato dalla bellezza. È una follia, una lotteria, come ammetteva lo stesso poeta greco, ma i poeti devono essere "eterni inconsolabili consolatori del mondo".
Della sua sterminata bibliografia - circa 250 volumi - da citare almeno "Epitaffio", poemetto in metrica classica sui moti popolari del 1936, "Grecità" e "Pietre ripetizioni sbarre", rispettivamente del periodo della guerra e di quello della deportazione, e "Quarta dimensione", serie di poesie sulla mitologia.
Lascito
Disse: Credo nella poesia, nell'amore, nella morte,
perciò credo nell'immortalità. Scrivo un verso,
scrivo il mondo; esisto; esiste il mondo.
Dall'estremità del mio mignolo scorre un fiume.
Il cielo è sette volte azzurro. Questa purezza
è di nuovo la prima verità, il mio ultimo desiderio.
Segni
Più tardi le statue furono completamente nascoste dalle erbacce. Non sapevamo
s'erano rimpicciolite le statue o cresciute le erbe. Solo
un grande braccio di bronzo si distingueva al di sopra dei rovi
in atteggiamento di sconveniente, spaventosa benedizione. I taglialegna
passavano nella strada di sotto - non si voltavano affatto.
Le donne non giacevano con i loro uomini. Le notti
sentivano le mele cadere a una a nel fiume; e poi
le stelle che segavano tranquille quella mano di bronzo sollevata.
Blocco
Mare calmo con crepe impercettibili; una luce simulata
spalma le nuvole basse. Non ricordare,
non dimenticare. Il presente - dice; - quale presente? La notte
giunsero messaggeri muti, sedettero sulla scala di pietra,
tirarono fuori i fazzoletti, se li stesero sulle ginocchia,
poi li piegarono di nuovo. Partirono. Uno
aveva una cicatrice dalla tempia fino al mento. S'arrestò,
indicò in direzione del mare e si strinse la corda alla vita.
Allora posammo a terra le lampade a olio e vedemmo la nostra ombra
inerpicarsi pelosa, immesnsa, senza ossa, sopra il muro bianco.
"i ritorni hanno rugiada sulla bocca e sorrisi fra mani confuse"
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