Siamo arrivati a presentare l’ultima autrice di questa raccolta, sperando di aver fatto cosa gradita agli autori in primis e, di conseguenza, a voi tutti. Se vorrete, vi passiamo la palla, perchè possiate esprimere vostre riflessioni, giudizi, consigli.
Lei avete avuto modo di conoscerla ultimamente anche in queste pagine, attraverso i suoi versi e i suoi commenti, perciò forse avrete un po’ più chiara la visuale…
Si tratta, naturalmente, di
Federica Volpe, la voce più giovane proposta nel libro. Una diciannovenne inquieta che fa della poesia il suo manifesto di vita. Si sperimenta in diversi stili di scrittura alla ricerca di quello ancora nascosto nei suoi angoli più bui, dalla metrica al verso libero, dalla poesia sociale a quella più intimistica, indagando attraverso gli squarci del mondo diversi spaccati di realtà.
Con la sua giovane età, sospesa nel girone di un inferno personale tra adolescenza ed età adulta, la sua poesia risente del dramma dell’incompiutezza e forse per questo ha bisogno di urlare, scalpita per farsi sentire e il risultato è una poesia piena di passione, profondamente viva pur parlando spesso di morte.
Per apprezzare veramente la parola di Federica è necessario leggerla a voce alta e allora l’ho fatto. È stata un’esperienza che mi ha lasciata immersa nel suo universo, nei suoi suoni dolorosi sottolineati da un continuo insistere di rime, assonanze, consonanze, similitudini sonore e accostamenti semantici particolari in un percorso di ricerca e di legami con la Poesia e con i Poeti del passato coi quali la nostra convive giorno dopo giorno, probabilmente preferendo la loro voce invisibile a quella, talvolta fastidiosa e invadente, di chi ci vive intorno.
Il topos amore-morte -eros e thanatos- è ricorrente nella sua poesia e così intenso e graffiante da lasciare sgorgare sangue dalla sua bocca. L’amore diventa odio quando il mondo risulta astruso ed incomprensibile.
La sua parola duole perché cerca e per cercare si allarga fino a strapparsi e si restringe fino a schiacciarsi, in un percorso talvolta di liberazione e talvolta di chiusura, scava e lacera strati di realtà, di pensiero e di pelle. Uno scavo che sembra partire dal profondo e mano mano risalire verso la superficie, così che il mio augurio personale per Federica è quello di bucare questo buio doloroso che sembra ingabbiarla, completando il suo processo di liberazione, per raggiungere la luce, tanto interiore quanto poetica.
Ad Alda Merini
Voce folle,
additata mentre canta e corre
nei campi gialli bagnati dal sole
che, inchiodato alla trapunta del cielo,
non dà respiro ai polmoni densi
della notte, bimba silenziosa e attenta
a copiare le materne movenze della morte.
Folle voce,
che ha per ossessione le braccia di luce
che la afferrano dolci e meschine,
di amante instancabile e violento
che dona ogni giorno fiori e peccato.
L’arte è peccato, mi hai detto un giorno
gridando nuda nei campi in cui a grappoli
l’io cresce e s’inebria estatica di sé,
come vino in uno specchio, ed io capiì.
Voce folle,
folle voce,
la tua,
la mia,
capri espiatori perfetti, pecore nere
che abbaiono e mordono, idrofobe,
che vengono sgozzate, rinchiuse
nel nero schifoso del loro sangue.
Ma mai noi folli, noi poeti,
siamo soli: siamo immersi
come in fasce nel tepore
del nostro pensiero di luce,
e cresciamo come delicati
crisantemi attendendo la croce,
il sonno eterno dello spirito insonne.
*
Il 16 maggio alle 23
Il 16 maggio alle 23
è un moto di pancia
di cuore, di midollo
spinale; è l’eterna
firma di sangue
e d’ortica, di balsamo
e bacio che rimbalza
sul tappeto della guancia.
Non voglio null’altro
che amare il tutto,
spogliarti nel sonno
intonso della fede,
spiccarti come fiore
di giardino sorto
dalle acque d’un cimitero
Il 16 maggio alle 23
*
I poeti che rivivono
nelle vie, nei monumenti,
i poeti che ridicono
nelle bocche sporche dei convincimenti
le brillanti parole
che divengono opache, sole.
Voi, che fingete ghignando
la devozione e la lode,
voi, che usate quei nomi afferrando
il colletto di chi si piega e s’ode
sotto il peso di secoli di morte,
per seviziarli nelle loro parole contorte:
non abbiam bisogno di piazze,
scuole, statue altisonanti.
Vogliamo sol parlare, dir le pazze
cose che solo i morti affranti
posson pronunciare, a vostro insindacabile giudizio.
Noi vivi vorremmo dire, ma siam già morti nel supplizio.
Ascoltate chi è stato, ma, per pietà, con convinzione,
e ricordatevi dei vivi, così, se li uccidete, è con intenzione!
*
Le mani degli anni
mi litigano come cencio
di mercato comunale.
Chissà quali dita
vinceranno il ricamo
sfatto, quale anno m’avrà.
Li abbiamo passati in rassegna tutti e quattro, questi giovani astri, credendo che fosse importante farli conoscere anche a voi e soprattutto valorizzare un progetto che vede impegnate anche me e Francesca e che grazie a Chiara De Luca ha preso corpo e forma.
Non hanno davvero nulla da dire i giovani? Nessuno spunto, nessuna novità con cui ingravidare il mondo?
In questa antologia una piccola risposta a chi ci vuole privi di inventiva, adagiati e riposati sugli allori.
Per sapere di più sul progetto e sui ragazzi che vi partecipano, si può visitare il blog dei
giovin/astri di Kolibris