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Quattro giovin/astri

Ultimo Aggiornamento: 27/01/2011 19:18
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Post: 1.681
10/01/2011 18:43
 
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la seconda giovin/astra


Non si decide quando si può piangere, a volte non si può nemmeno decifrarne il motivo, fatto sta che accade e non sempre è una tristezza quella che ci appanna gli occhi, ma un delta che c'apre a calori che non conoscevamo o che avevamo dimenticato. E’ una condensa, una patina che ci riscalda troppo in fretta.
Così si piange e poi… si dice grazie.


Questo è quello che mi è successo leggendo le poesie della seconda giovin/astra in ordine di apparizione, Anna Ruotolo che, nell’antologia, si presenta con due raccolte: Dialoghi da Moleskine e “a” come avvicino che, proprio come dichiarano nel titolo, si avvicinano a chi le legge in maniera tattile: guancia a guancia, naso a naso, palmo a palmo... ed instaurano un contatto che non resta fine a se stesso, uno sfiorarsi di vite e di vissuti che poi si lasciano, ma si trasforma in attraversamento e diffusione di energia e di infinite emozioni, così che quando sparirà leggero ed inviolato il contatto, qualcosa si sarà insediato dentro, per rimanerci in eterno.

L’esercizio di avvicinamento si apre nella maniera più usuale, con un passo ancora pieno di timori, di imbarazzi, di paure per poi affiancarsi al corpo dell'altro sulle scale e a fare dell’universale il particolare:



fianco a fianco
siederemo quelle scale
ascolta – dico- la rondine
lei il letargo non lo sa
non lo intende.

Parlando così va via qualcuno
qualcuno ci sfugge dentro
e bisognerebbe essere come
___________le cose
che sanno mantenere il tempo,
dedicare il ricordo.

sento che si avvicinano
le foglie d’acqua
alle caviglie pelose e sottili
-e tue- poggiate alla cura
delle mie scale,
iniettate nella terra azzurra
(radiche nodose
quando avrai passato il tempo
a dirgli di non passare,
di non sfiorirmi addosso).




C'è tutta una naturalezza in questi versi, in cui le scale potrebbero essere quelle fuori casa o quelle di scuola o anche larghe scalinate ai bordi di una piazza, ma pure il segno di un viaggio da percorrere, al centro del quale ci siamo fermati un attimo ad osservare il cielo e tutto il resto intorno.

il percorso di avvicinamento si snoda poi attraverso il contatto di occhi, bocche, nasi, fino a giungere alla fronte (VI movimento) in cui l’avvicinamento è già diventato compenetrazione e infine unione:



fronte a fronte
si toccano i pensieri,
non sono più sola nella mia parola.
Abbiamo sbagliato a disperare, vedi
tu parli persino la lingua del mondo,
mi consola la polvere di crolli
dalle mie tempie. E tutto ti è chiaro
tutto raccogli sulle tue spalle.

la tua fronte cresce dai capelli
la tua fronte tenta l’albugine di uccelli
per come riposa sotto il palmo
poi a volte raggia
dal finale delle dita.
Le volte che cammini
come parli, come ridi
dentro il sonno.




La stessa autrice ci dichiara come sia importante che questo passaggio non vada perso e lo sottolinea numerose volte anche nei dialoghi, un botta e risposta spontaneo, naturale, che attraverso squarci di vita e di morte, pezzi di cronaca, accadimenti quotidiani, ci mette davanti a domande esistenziali profonde, ci invita a riflettere alla maniera di Socrate, secondo un procedimento maieutico che risveglia in noi una verità non imposta o dichiarata, ma da ricercare in un percorso comune che approda a risposte da pescare all'interno di noi stessi.

Le mie preferite, tra i dialoghi, non hanno bisogno di un ulteriore commento. Sta a voi, se vorrete, raccontare quali corde le parole di Anna hanno toccato.



- E si fa sottile il suo corpo
la riviera ci sembra attraverso
non mangia ormai che pane
e origano,
dobbiamo partire
per le stanze bianche
e i corridoi verdacciaio delle sale
per provare a ricongiungerci
nel sangue.
- Cosa le dici? Dobbiamo partire?
- Ogni tanto succede. O, ogni tanto,
che anche a me fa male qualcosa
cosicchè dopo a lei non dice niente di brutto,
tutto ciò, niente di terribile.
È la riprova che il corpo è nostro
e se siamo in due si passa meglio
dal sogno all’esistenza, dall’esistenza
al sogno, nella notte.


*


- Le cose che non ci sono vanno pensate
- Va pensata la vita e la scrittura!
- Allora, non ci sono?
- Ci sono quando la mano comincia
a finire. E' tutto un salire per gradi.
- Per esempio?
- Finalmente anche la direzione
del sole, alla mattina, si ferma
ben bene sulla tua guancia
- Qual è il significato?
- Che il sole smette di far luce
non c'è, va pensato come
il grano che ti preme in bocca,
che ci fa mangiare.


[Modificato da Maredinotte 11/01/2011 09:22]

"La più alta forma di intelligenza umana è la capacità di osservare senza giudicare." (Jiddu Krishnamurti)
robertadaquino.wordpress.com



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