@Poche, semplici parole.
-> L'incipit in una poesia è fondamentale: deve catturare subito l'attenzione. Se tu mi dici poche, semplici parole, non mi dici nulla che mi crei un'immagine o un pensiero definiti. Troppo vaghe parole, non siamo nella tua mente per sapere a cosa ti riferisci.
Il resto non è male, ma compatterei le righe perché con doppio spazio risulta più dispersiva; toglierei qualche aggettivo di troppo, per esempio "sopite": non serve a niente: se riaffiorano, è ovvio che erano sopite, inoltre l'aggettivazione tende a ricalcare vecchi modi di scrivere. Non senti come è sfruttato questo verso: "Riaffiorano sopite memorie"? Ripulito dall'aggettivo è almeno più sobrio.
Anche le 'molecole' sono molto abusate, inoltre toglierei l'aggettivo "profonda" perché è sottinteso: l'intimità non è qualcosa che sta in superficie, ma custodita dentro.
Lascerei invece "dolci" perché ingentilisce l'immagine delle lame.
Sostituirei "tenebre", con un termine meno pesante, ad es. buio, oscurità.
Ecco la rivisitazione che ti propongo (sulle prime mi sembra più chiara la ricomposizione rispetto alla spiegazione, poi sarai tu stesso a rielaborare, volendo). Ovviamente anche da parte mia è un tentativo, di sicuro migliorabile ulteriormente, magari insieme.
Nell'eco di parole
un decennio si dissolve
come bruma di tarda sera
tra gialle luci nella via.
Riaffiorano memorie
- dolci lame incandescenti -
tra molecole d'esistenza
custodite nell'intimità.
Un bagliore in mezzo al buio:
delicato petalo d’amore
che non ho mai sfiorato
temendo di impazzire
Ciao,
Rosanna
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"Le parole sono 'contenitori' troppo angusti per le mie emozioni e quando, leggendo, le sento 'soffrire'
o mi segnalano delle 'sofferenze' corro a liberarle senza pensarci due volte per provarne di più adatti".
(citazione di EEFF)