Riporto qui, un pensiero che nacque spontaneo sul mio blog, orrei rendervene partecipe e magari innescare una qualche discussione, senza alcuna pretesa.
In un momento in cui sento sempre meno vicino la scrittura e la cosa da una parte mi spaventa, dall'altra -in qualche modo- mi solleva, espongo alcune considerazioni che sto maturando nell'ultimo periodo.
La difficoltà di comprensione può rappresentare quel paletto che recinta la poesia e la rende meno universale e di conseguenza meno fruibile?
come quel giardino che ha tanti fiori, ben visibili e dai colori iridescenti, ma dal quale non si può cogliere nulla, in quanto il tutto è preservato da una scatola in plexyglass.
Personalmente, ho sempre ricercato una poesia che fosse "potente", non so bene in quali termini di preciso, ma di certo avrebbe dovuto possedere una serie di suggestioni e che letta poi riconducesse ad una seconda lettura e via di seguito, come in un circolo vizioso. Nella rilettura poi la consapevolezza di non dimenticarla, il che -chiaramente- non vuol dire conoscerla a memoria, ma ricordarne le sensazioni e farla un po' nostra.
Credo, ancora e fortemente che la poesia debba anche avere quel velo di mistero e non essere pienamente percepibile, essere sì interpretabile, ma non apparire come altare scoperto.
La poesia, come un quadro, una statua, dunque come una vera e propria opera d'arte, deve necessariamente (a mio avviso) possedere un significato intrinseco, ma la cosa che adesso vado esplorando è un liguaggio ancora asciutto sì, ma semplice e più fruibile; dove fruibile però ha una miriade di significati che ancora non mi sono chiari e allora aspetto che siano loro a venire a me.
"i ritorni hanno rugiada sulla bocca e sorrisi fra mani confuse"
www.francescacoppola.wordpress.com