vorrei rendervi partecipi di questo esercizio di scrittura, in cui mi sono imbattuta per caso navigando in rete, spero vorrete cimentarvi anche voi.
Racconto con tre elementi fissi: cimitero indiano, vistoso apparecchio per i denti, vetrata spaccata.
Tempo: 45 minuti.
Il campo chippewa era coperto da felci e olmi e robinie, panchine e piccoli bungalow di legno. Il sole scintillava tra la nuvolaglia verde delle foglie e sulle teste bionde e castane dei giovani campeggiatori, sui loro ventri strabordanti e sudati. Sul porticciolo di assi di legno, una fila di ragazzini grassi in costume guardava il brillio delle acque del lago. Agli ordini di un capo magro e assertivo si gettavano in acqua. Jimmy non avrebbe voluto trovarsi lì per tutto l’oro del mondo, pensava, e guardava oltre la fila di ragazzi con gli occhi socchiusi per l’abbagliante luce che si rifletteva sul lago. Arrivò il suo turno per gettarsi in acqua: indugiava sull’estremità dell’assito guardandosi i piedi: “Avanti, palla di lardo! Non vorrai farci aspettare tutto il giorno qui?” gli urlò , piegandosi sulle ginocchia sino ad arrivare all’altezza del suo orecchio, il capo-campeggio magro e assertivo. “no signore…” mugolò Jimmy, “il fatto è che io…io…”, “basta femminuccia… non perdiamo altro tempo” mise fine alla breve conversazione quello, e con una pedata nel sedere spinse Jimmy nell’acqua, “e se credete, voi altri-palle-di-lardo che qui si perda tempo, vi sbagliate di grosso! Andiamo, tu, ciccione!” e il ragazzino che stava dietro jimmy nella fila, si tuffò in acqua.
Jimmy era riemerso, il cuore gli batteva come un tamburo, respirava con la larga bocca aperta, i sostegni di ferro dell’apparecchio che stringevano e collegavano una guancia all’altra risplendevano al sole dritto di mezzo giorno.
Lentamente nuotò fino alla scaletta della banchina, risalì tutto bagnato e ansimante. I lembi del suo torso grasso e bianco ballonzolavano ad ogni suo movimento. “ehi jimmy, tutto bene?” la mano di penny si era posata sulla spalla liscia e bagnata di jimmy. Jimmy, carponi con una mano contro il cuore, incanalava grossi respiri d’ aria nei polmoni attraverso la gabbia metallica del suo enorme apparecchio, alzò lo sguardo: da un busto di balena ridicolamente avviluppato in un costume intero rosa a fiori, un braccio veniva teso contro di lui, le labbra strette di penny, gli sorridevano. “sì, tutto bene, grazie”, “non te la prendere jimmy” disse penny “fa così con tutti. È un idiota. Ieri ha beccato john con una merendina al cioccolato. Povero, john era l’unica merendina che era riuscito a tenersi. Be’, sai cos’è successo? Il capo ha messo la merendina al cioccolato di john in una pozzanghera, ci ha fatto sputare sopra da tutti i ragazzi del gruppo, e poi ha costretto john a mangiarla. Povero john.”
Il campo chippewa, che per 30.000 dollari, nei mesi estivi ospitava ragazzini obesi con l’intento di farli dimagrire, si ergeva su un cimitero indiano, come molti campi estivi del nord america. era uno di quei campi estivi che vomitava slogan come: "dimagrisci e ti diverti", "sciogli il grasso e socializzi" o "dimagriti o rimborsati".
Jimmy si rialzò: “non ne posso più penny”, “A chi lo dici jimmy, io sto morendo di fame, sto morendo di fame. Cosa non darei per un hamburger, jimmy.” Jimmy scrutò l’aria davanti a sé: un vecchio relitto di qualche monumento pellerossa giaceva dimenticato su una sponda del lago. “ non ti preoccupare penny, finirà tutto presto”.
“bene, lardosi, è ora del pranzo” urlò il capo. Jimmy, con i pugni stretti, a passi lenti si avviò verso la mensa, dietro tutti gli altri. Il capo aprì la grande porta a vetri della mensa, fece entrare tutti i ragazzini. Jimmy giunse per ultimo: “oh ma chi abbiamo qui? Ti piace prendertela comoda eh femminuccia!? Allora facciamo così, visto che non hai fretta, mangerai solo quando tutti gli altri avranno finito, e mangerai solo i loro avanzi, se ce ne saranno. Va bene ciccione?” disse il capo, e con una grassa risata chiuse la porta a vetri sul naso di jimmy. Jimmy chiuse gli occhi, il capo stava a gambe larghe sorridente e gongolante dietro la porta a vetri, di fronte a lui. Un grande, fortissimo pugno contro la vetrata. L’infrangersi dei vetri.
Casa mia è posta ai piedi di monti verdi./Mi piace salire sopra quei monti verdi;/Ma sui monti verdi non ci posso salire:/Come ci salgo mi viene la malinconia.
Hen Xun