Anch'io ti annoveravo già nella folta lista di utenti-fantasma
Dirai: 'ma dov'è il tuo commento?'
Avevo lasciato il mio commento ne 'La piazza', lo riporto anche qui.
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(...) Una poesia non basta per entrare nei meandri dei pensieri di un autore, quindi vado a senso.
Ho raccolto le ombre
per farti la notte.
A me pare che tu voglia dire: l'esistenza è un alternarsi di momenti luminosi e di quelli bui, ma cerco di raccogliere le ombre affinché il tuo cammino non inciampi in esse, quindi in quel 'farti la notte' leggo premura e attenzione.
Forse potresti esprimere ciò in un altro modo meno ermetico, se è quel che realmente intendevi.
Tu
che spillucchi nei fiori
e mi dai arcobaleno.
Tu che
già più non m'appartieni
(e l'ho sempre saputo).
Credo che "spillucchi" sia un refuso, mi pare sia corretto "pilucchi".
In queste due strofe c'è un 'passaggio obbligato', per così dire: quello in cui una madre si rende conto che il figlio è ormai una persona autonoma e indipendente, capace di sentimenti suoi, per cui sembra che per la madre ottenga solo spiccioli di momenti, ma è da questi attimi che sembra dipendere affettivamente, pur nella consapevolezza che l'amore fra madre è figlio avrà una nuova forma, non sarà più di mera
appartenenza: non sarà la
possessività a tenere legati a sé i propri figli, i quali, pur diventando autonomi e allontanandosi per la loro strada, non cessano di amare la madre.
Rattengo
conchiglie tra le dita
gocce di terra
fresco di bosco
ombre, in fila:
mercenari del tramonto.
Non ho ben capito quell'"ombre, in fila", però il tramonto non lo intendo come fine della vita ma piuttosto come un momento di passaggio dalla luce al buio (e dalla presenza all'assenza); vedo un parallelo tra il desiderio di trattenere la luce del sole al tramonto e quello di godere ancora un po' il calore dell'affetto di un figlio.
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Ciao,
Rosanna