s.V

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daltonsuperfux
00martedì 4 ottobre 2011 18:22
E disinnesco i centri del respiro
non chino sguardi non mi capovolgo
(Se come della terra ultimo giro)
Per quello che non voglio e che non colgo

Chè niente più disdegno o anche ammiro
Ed avversata a me la vista volgo
se troppo rotta dallo strappo e il tiro
io mi rilevo stacco sposto e tolgo

achenio e drupa e mai foglia di bosso
chè la mia vita sì snervo e disosso
e mai vivere mai a nessun costo

a nessun costo aver quel che non posso
a che lagnarsi ancora se d’ opposto
tant’è confuso il giorno ed incomposto




è una forma che non mi è molto congeniale, e spero che la bruttezza di questa mia composizione possa essere attenuata dal sapere che è stato scritto di getto e che non è stato sottoposto ad alcuna revisione.lo posto qui per avere vostri sinceri pareri e qualche consiglio spassionato.
Maredinotte
00venerdì 7 ottobre 2011 18:44
anche se sono in "ritiro spirituale" non vuol dire che di tanto in tanto io non passi a leggervi.
ho letto, allora, il tuo sonetto molte e molte volte ma ho paura che mi manchi qualcosa... fa un po' parte del tuo modo di scrivere che tende a nascondere i tuoi pensieri più del dovuto, a mio parere, dietro giri di immagini un poco contorte, ma quello che mi suggerisce è la pesantezza del vivere, lo scavarsi dentro, il disossarsi per capire il perchè di tanta apparente indifferenza verso la vita (Chè niente più disdegno o anche ammiro ). e la dico "apparente" perchè se fosse reale non ci sarebbero tanti interrogativi!
è un comportamento severo nei confronti di se stesso che viene fuori dai tuoi versi, un tormento interiore forte... ma forse io ci leggo solo quello che voglio leggere ed una condizione che al momento mi appartiene.

consigli spassionati io non te ne posso dare, perchè è un modo di scrivere, questo, che non mi appartiene e che mi devo veramente sforzare troppo per capire, non tanto a causa delle immagini proposte, ma dei vocaboli utilizzati e del ritmo serrato che mi conduce più a verso il suono, distraendomi dal significato.
però non è brutto, almeno non per me!
daltonsuperfux
00venerdì 7 ottobre 2011 18:50
grazie mille roberta. apprezzo molto le tue osservazioni.
Francesca Coppola
00giovedì 13 ottobre 2011 11:12

sono in linea di massima d'accordo con Roberta, ma quando ti leggo, rima a parte, avverto qualche analogia con la mia scrittura di qualche anno fa.
L'insoddisfazione o l'impotenza o entrambe infieriscono non solo sui nostri pensieri, sul nostro modo di agire ma si esplicano in ciò che scriviamo, avvertito spesso come fatto intimo.
Quando ciò che ci si prospetta è confuso, quando non riusciamo a cogliere del positivo in ciò che ci circonda e soprattutto nel futuro prossimo, ne consegue quasi una sorta di "stizza" che in parte ci annienta, in quanto ci oscura la vista e si passa alle "accuse/ lamentele" che non trovando direzione migliore, si auto-precipitano su noi.



daltonsuperfux
00giovedì 13 ottobre 2011 17:02
le tue osservazioni, francesca, mi offrono lo spunto per interessanti riflessioni. è davvero una buona analisi la tua. io in generale le poesie non le so analizzare, a volta ho come l'impressione di non capirci nulla nè nelle mie nè in quelle degli altri, e forse è per questo che mi affido ciecamente alla forma. quando ero più giovane, se qualcuno mi avesse chiesto di giustificare le mie poesie, immaginavo di rispondere: le cose sono morte, resta solo la forma.
stilisticamente però il sonetto non mi convince. l'ho modificato e continua a non convincermi. forse ci vorrano mesi prima che possa convincermi.

grazie per l'attenzione.
Versolibero
00venerdì 14 ottobre 2011 14:50


E disinnesco i centri del respiro
non chino sguardi non mi capovolgo

(Se come della terra ultimo giro)
Per quello che non voglio e che non colgo

Chè niente più disdegno o anche ammiro
Ed avversata a me la vista volgo
se troppo rotta dallo strappo e il tiro
io mi rilevo stacco sposto e tolgo

achenio e drupa e mai foglia di bosso
chè la mia vita sì snervo e disosso

e mai vivere mai a nessun costo

a nessun costo aver quel che non posso
a che lagnarsi ancora se d’opposto
tant’è confuso il giorno ed incomposto



I versi che ho riportato in verde sono quelli che mi piacciono e nel cui significato si riesce meglio a entrare, mentre il terzo, quarto e quinto 'oppongono resistenza' a una lettura che ne colga immediata comprensione, e anche alle riletture successive non mi si svelano molto bene. L'ultima terzina pure mi dà un senso di pesantezza, probabilmente anche l'allitterazione stessa s'impone contribuendo a ciò.
Ritmicamente e metricamente questa volta ci siamo, direi che è perfetto; la musicalità ovviamente è legata al sonetto e perciò ripetitiva, ed è questo il motivo per cui relego la forma poetica del sonetto a sporadiche (mie) prove, perché mi è successo spesso, leggendo sonetti in successione, di non riuscire ad andare oltre il secondo e il terzo.
Comunque direi non male relativamente ai versi evidenziati, negli altri sicuramente c'è qualcosa da rivedere ma nell'insieme è una prova abbastanza buona, considenando la forma chiusa che il sonetto impone e il tentativo di svecchiarne il linguaggio.
Il risultato è un ibrido tra ritmo del sonetto classico e lo stile che ricorda la quello della Valduga.
Preferisco l'altra tua poesia lunga, che rileggerò quando avrò più tempo.
Alla prossima.


daltonsuperfux
00venerdì 14 ottobre 2011 18:23
mi trovi d'accordo con te per quel che riguarda l'ultimo verso della prima terzina e la seconda terzina che ho modificato. l'ultima terzina in particolare dà l'impressione di essere buttata giù a caso e suona male. bruttissimo "e mai vivere mai a nessun costo" che ho sostituito con la ripetizione di "e mi rilevo stacco tolgo e sposto".
Francesca Coppola
00sabato 15 ottobre 2011 11:03
Re:
daltonsuperfux, 13/10/2011 17.02:

le tue osservazioni, francesca, mi offrono lo spunto per interessanti riflessioni. è davvero una buona analisi la tua. io in generale le poesie non le so analizzare, a volta ho come l'impressione di non capirci nulla nè nelle mie nè in quelle degli altri, e forse è per questo che mi affido ciecamente alla forma. quando ero più giovane, se qualcuno mi avesse chiesto di giustificare le mie poesie, immaginavo di rispondere: le cose sono morte, resta solo la forma.
stilisticamente però il sonetto non mi convince. l'ho modificato e continua a non convincermi. forse ci vorrano mesi prima che possa convincermi.

grazie per l'attenzione.



penso che ti trovi nel posto giusto allora! [SM=g8228]
ed inoltre credo che tu ti possa tranquillamente sbilanciare, ovvero se vuoi lasciare un commento inizia proprio dalla forma, cosa che persegui e si vede. Poi -fossi in te- però mi lascerei andare anche alle sensazioni, anche quelle "di base" senza per forza scavare.
Ecco, se io leggo una cosa mi vien da pensare e allora scrivo ciò che penso nel bene e nel male.
Inoltre, prova a buttare giù qualcosa senza pensarci troppo, senza badare per forza alla forma, alla musicalità ecc. Lo farei questo esperimento, sai? perché se qualcosa nasce da noi (la poesia) non è un essere già morto, anzi credo più sia un bozzolo che abbisogna di evolversi.

Un caro saluto [SM=g8155]




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