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Bianca MADECCIA

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    _RA_
    Post: 323
    00 03/03/2010 19:13
    “Poesie” di Bianca MADECCIA

    ALTA TENSIONE

    Sono nata nel giorno dell'alta tensione,
    la mia arma preferita il pugnale arabo,
    quella, cioè, che più mi somiglia
    nel suo linguaggio di giri corti e serrati.

    (dalla raccolta inedita “Alta tensione”)




    Vetro

    Madre
    Dove son finite le tue parole di ieri?
    Le ho lasciate entrare dentro di me
    - grata -
    acqua nella terra secca

    Nulla
    a parte quei pezzi di vetro
    che stanno li’ piantati da una vita.
    Lo porto scritto in faccia
    -Assolvimi Madre
    perche’ non ti somiglio -

    E tu l’hai fatto Madre
    Tu hai fatto piovere
    le parole giuste

    - Chi e’ sano va via -



    Epitaffi

    Scrittrice di epitaffi sulle lapidi dei cimiteri
    Donna del disincanto
    Raccolgo pene di cuore e amoreggiamenti
    In questo mondo ricoperto di polvere

    E sono così brava
    che ho un camposanto tutto mio.
    E’ una gioia a primavera
    potare le roselline bianche e sfrondare la verbena.

    Dei fiori che colsi ne faccio corone.
    Di quelli che non colsi
    poesie che poggio sulle lapidi

    In ogni angolo della mia anima
    c’è una lapide ad un Dio differente



    Acqua

    Io sogno
    un indumento d’acqua
    assolo di vetro
    e nel mio sogno
    le parole
    golfo cristallino
    acque pericolose e incerte
    onda di seta
    vela d’angelo spezzata
    si tuffano
    lacerando
    in piena luce

    *




    CREDO


    Credo
    nella trama fitta
    delle piccole cose
    in un segreto linguaggio circolare
    nelle minute presenze invisibili

    Credo
    negli echi
    nelle ombre
    nell’impalpabile
    nei cori notturni sul mare

    Credo
    nelle musiche sussurrate dalle pietre
    nell’idioma delle nuvole
    nel silenzio delle parole
    nei discorsi contenuti nel silenzio

    oggi credo

    e mi unisco al coro dei cantori
    dell’esistente
    invisibile




    Alla luna

    Un guerriero zen
    innamorato della morte
    parla parla parla
    mentre mostra
    le cicatrici alla luna
    per farla invaghire di sé:
    “Vedi? Potrei morire domani
    se solo volessi”.

    L’astro non risponde
    e osserva dall’alto
    questa eternamente mimata
    vicenda adolescenziale.
    Agli umani piace recitare.
    Che ne sanno loro di una vita infinita?
    Che ne sanno loro della morte eterna?
    Ci sono già state ere glaciali,
    né migliori né peggiori di queste.
    Tutto il resto è teatro.

    Una tragedia,
    quando si ripete due volte,
    diventa farsa.



    Gabbie

    Sazia di scalare stelle
    mi spingo verso il mare

    Ora tu sogni lenzuola stese al sole
    io invece di notte
    sogno falò

    Il giorno ci sveglia
    e costruisce per noi
    grandi gabbie di vetro

    Di nuovo i papaveri
    saranno solo macchie di linguaggio
    che non sanno nulla di me

    Ma non li rinnego
    Anche oggi
    Li reggo.



    Maestrale (Invettiva)

    Ah, che il disprezzo seminato ti invada il giardino
    E il terrore di notte ti tormenti in sogno

    Vederti annegare nelle lacrime che spargi
    E la rabbia che hai dentro bruciare come fosforo l’aria

    Che insipienza di vita ti renda il pane sciapo
    Condannato a desiderare e a non poter mai avere

    Lebbroso scacciato da tutte le porte
    Costretto a vagare senza meta
    La tua stirpe sparsa ai quattro venti

    Possa solitudine tenerti compagnia a vita
    Il dolore abitare in eterno a casa tua
    E allearsi con buio e tempesta
    E tu vivere in ombra perenne

    Che anche la terra si rifiuti di accogliere le tue ceneri

    Che tutto l’odio che hai ti ritorni indietro
    Moltiplicato per mille e poi mille ancora
    Sotto forma di gelo, disprezzo, pensiero, catena, tortura,
    amore



    E’ sera

    E’ sera sorella e ti guardo
    Ti frugo
    con occhi di umore-caledoiscopio che fluttua
    Inquieti, diversi, mai appagati
    Ecco tutto

    E’ sera e mi guardi sorella
    Quello sguardo, il tuo
    non lo conosco
    ne’ forse lo conoscero’ mai
    calmo, pieno, rotondo
    occhi vuoto-colmati
    cerchio perfetto
    privo di tragicita’
    tenerezza che non teme di mostrarsi

    Lo amo
    Lo amo e lo invidio
    quel modo
    di posare gli occhi sul mondo


    LA CUOCA

    Mi arrangio come posso
    ad addensare sapore
    attorno alla vostra esistenza.

    Ma il mio cibo non vi piace.
    forse
    perché sa di miseria.

    Non dovreste disprezzarlo, no
    è vivace,
    ingegnoso,
    fresco
    fatto di cose semplici e disperate.

    Ah, sì, lo so,
    ha un sapore instabile,
    di vita arrangiata giorno per giorno
    impastato
    delle piroette molteplici
    di chi ha colto il senso quotidiano
    sull'orlo degli abissi.

    Disprezzando il mio cibo
    disprezzate
    l'ingegno di vivere,
    l'arte di arrangiarsi
    la finzione obbligata
    di una
    costretta a restare a galla
    per Voi

    O morti annegati nella consuetudine tombale
    di un cibo senza più desideri né ricordi

    (dalla raccolta inedita “Alta tensione”)


    PERFETTAMENTE INTERCAMBIABILE

    Cambio di turno.
    Altrove.
    Non toccano più a te
    echi, ripetizioni,
    stanche orologerie erotiche
    sillabe cadute.

    In quel posto non più tuo
    sotto la coperta rossa
    una donna diversa
    ma non differente
    ridà vita allo stesso
    copione di sempre.

    Il tuo corpo, fantasia innevata
    perfettamente intercambiabile
    ha lo stesso peso del suo.
    E il suo
    gelida immagine di scintilla
    racchiusa in sfera di vetro
    più del tuo non conta.

    (da “Poesia d’amore al femminile”, ed. Akkuaria 2005)





    *

    Biografia breve:

    Bianca Madeccia nata a Napoli il 1962, è giornalista. Ha pubblicato microracconti, sillogi poetiche, saggi, traduzioni. Suoi testi sono stati pubblicati in numerose antologie di poesia. E’ autrice di una raccolta poetica “L’acqua e la pietra” (LietoColle 2007) e di due raccolte poetiche inedite. E’ appassionata di fotografia e arte materica che ama contaminare con testi poetici. biancamadeccia.wordpress.com


    <<Versi netti e levigati, questi di Bianca Madeccia, dall’attrito sfidante – nei temi e nello stile – di un percorso di essenzialità e verità della parola, di uno sguardo nudo ed interiorizzato sul mondo.
    I testi che si propongono ci parlano di elementi primigeni e archetipici, di una ricerca tesa a scoprirne la chimica segreta, l’”acqua”, “le piccole cose”, “il silenzio”, “l’idioma delle nuvole”, “il golfo cristallino”, il “segreto linguaggio circolare”, “le musiche sussurrate dalle pietre”.
    L’autrice, allo stesso tempo, è “donna del disincanto”, che diffida comprensibilmente dei “buoni sentimenti”, e rilancia: “(possa) il dolore abitare in eterno a casa tua/…/Che tutto l’odio che hai ti ritorni indietro” (Maestrale); senza però che venga meno il sogno (“Io sogno/un indumento d’acqua/assolo di vetro” (Acqua)), e una fede, accorta, non disgiunta da una scommessa sulla vita: “Credo/negli occhi/e nelle ombre/nell’impalpabile/nei cori notturni/…/e mi unisco al coro dei cantori/dell’esistente/invisibile”.
    Non sfugge, inoltre, di questa poesia la tensione etica e programmatica (“Io sogno/…/le parole/golfo cristallino” (Acqua), “Credo/…/nel silenzio delle parole/nei discorsi contenuti nel silenzio”), consapevole dell’unicità d’ogni uomo, della solitudine e responsabilità che ne deriva (“Lo porto scritto in faccia/-Assolvimi Madre/perché non ti somiglio”), accettate con dignità, e a muso duro.>>
    (Giovanni Nuscis)



    "(...)Le ascoltavo, seduto sul ciglio delle strade,
    nelle calme sere di settembre in cui sentivo
    sulla fronte le gocce di rugiada, come un vino vigoroso;
    in cui, rimando in mezzo a quelle ombre fantastiche,
    come fossero lire, tiravo gli elastici
    delle mie suole ferite, con un piede contro il cuore."
    Arthur RIMBAUD
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    Maredinotte
    Post: 1.681
    00 04/03/2010 09:55
    Grazie Rosario, di averci portato alla lettura di questa autrice che personalmente non conoscevo. la sua nitidezza, la sua lucidità, la rendono tagliente come quel pugnale cui si riferisce nella prima poesia e quel vetro, spesso presente nelle altre.

    leggerò con tutta calma i testi, ma per ora mi soffermo sul secondo postato


    Vetro

    Madre
    Dove son finite le tue parole di ieri?
    Le ho lasciate entrare dentro di me
    - grata -
    acqua nella terra secca

    Nulla
    a parte quei pezzi di vetro
    che stanno li’ piantati da una vita.
    Lo porto scritto in faccia
    -Assolvimi Madre
    perche’ non ti somiglio -

    E tu l’hai fatto Madre
    Tu hai fatto piovere
    le parole giuste

    - Chi e’ sano va via -



    mi si è conficcato nel cuore, forse per la mia sensibilità allo scontro-incontro generazionale madre-figlia, in cui sempre emergono grande amore e ammirazione, ma anche tanta insoddisfazione.

    mi colpisce tutta, ma adoro rilevare i doppi sensi nelle parole e quel grata, isolato e inciso a quarto verso, è una di quelle.
    ha, infatti, valenza di sostantivo (Le ho lasciate entrare dentro di me, (come in una) grata, acqua nella terra secca) ed indica la permeabilità della nostra essenza di figli che sempre, anche inconsapevolmente, ci impregnamo degli insegnamenti dei nostri genitori. qui sarebbe comunque consapevole, dato che l'autrice sembra definirsi "terra secca". il secondo significato potrebbe essere quindi:

    "Le ho lasciate entrare dentro di me
    -(e te ne sono) grata-
    acqua nella terra secca"

    in realtà, pur variando i campi semantici, il significato di fondo resta immutato. ma mi ha lasciato a pensare. [SM=g8320]


    "La più alta forma di intelligenza umana è la capacità di osservare senza giudicare." (Jiddu Krishnamurti)
    robertadaquino.wordpress.com



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    _RA_
    Post: 323
    00 04/03/2010 11:50
    Bene Roberta,

    E' vostra (delle leaders del forum) compaesana almeno di nascita ed è donna/donna!
    non potevo non portarla qui non ti pare?
    "la sua nitidezza, la sua lucidità, la rendono tagliente (...)"
    Ecco hai colto un altro motivo per cui mi sono innamorato di Lei!
    Chiarezza, asprezza, invettiva, linearità d'intenti eccetera senza diluirne il canto e senza perdere la propria femminilità e il suo sentire peculiare di donna: sono questi gli stilemi che in poesia m'elevano ...

    Per quanto riguarda la poesia da te presa in esame,
    quella grata a mio avviso, non è disgiunta da un'affinità
    con la "grata di parole" di Celan, quel cancello storico che ha impedito alla poesia di poter fluire e che soprattutto, e qui c'è un'altra forte affinità, gli ha impedito di continuare a dialogare con la propria madre (che il giorno prima che fosse presa dai nazisti, sembrava preoccupata per la sorte del figlio ...) e che il Poeta poi ha tentato di riallacciarne un dialogo straziante attraverso
    la sua poesia (in molte la madre ne è l'interlocutrice palese o larvata ...) ...
    Chissà forse un giorno si potrà chiederlo direttamente all'autrice ...
    a me piace sognare ...

    Ciao
    Rosario
    "(...)Le ascoltavo, seduto sul ciglio delle strade,
    nelle calme sere di settembre in cui sentivo
    sulla fronte le gocce di rugiada, come un vino vigoroso;
    in cui, rimando in mezzo a quelle ombre fantastiche,
    come fossero lire, tiravo gli elastici
    delle mie suole ferite, con un piede contro il cuore."
    Arthur RIMBAUD
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    Ecat Mel
    Post: 798
    00 06/03/2010 15:14

    una scrittura che penetra nel profondo, che lacera ogni schema preesistente per dare, con un linguaggio asciutto, nuove linee di senso. Mi piace moltissimo quest'autrice, incarna l'essenzialità dell'esistenza, spogliata da qualsiasi tipo di cliché, perché autentica.
    grazie Rosario

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    Francesca Coppola
    Post: 1.652
    00 12/10/2010 11:52

    a me ha colpito questa:

    E’ sera

    E’ sera sorella e ti guardo
    Ti frugo
    con occhi di umore-caledoiscopio che fluttua
    Inquieti, diversi, mai appagati
    Ecco tutto

    E’ sera e mi guardi sorella
    Quello sguardo, il tuo
    non lo conosco
    ne’ forse lo conoscero’ mai
    calmo, pieno, rotondo
    occhi vuoto-colmati
    cerchio perfetto
    privo di tragicita’
    tenerezza che non teme di mostrarsi

    Lo amo
    Lo amo e lo invidio
    quel modo
    di posare gli occhi sul mondo



    Ha in sè molti spunti di riflessione. Io ho tre sorelle e capisco il rapporto che viene a instaurarsi o anche no fra consaguinei. Io invidio spesso il loro modo di approcciarsi alle cose, con una tale semplicità e spesso -senza pensieri- senza preconcetti, senza paure. Il mondo dentro noi a volte ci incute più paura di quello fuori e così rischiamo di affacciarci alla vita con troppa ritrosìa.










    "i ritorni hanno rugiada sulla bocca e sorrisi fra mani confuse"
    www.francescacoppola.wordpress.com