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I posto: Mirella Crapanzano, commentando 5 poesie scelte

Ultimo Aggiornamento: 13/01/2012 17:38
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Post: 1.652
11/01/2012 11:39
 
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Mirella Crapanzano risulta 1° classificata con il testo:


Figli della Terra

allungarsi. è il corpo radice
che sfiora l’alto, che ha fine
dentro pozze profonde
occhi d’acqua intimo calarsi
del seme quando scortica
la terra, ci matura al mare.
natura esplosa dentro bocche
di leone, abitata da creature selva
iniziata all’erba, ai fiordalisi
rivelata a chi del tempo
valica i confini, senza differenza
di noi, le vite
arrivate fino a sera. di quelle appena.
parlare con il canto
senza parole, fitto di suoni
attraversati dalla marea, l’appassire
del fiore, le dita
che scrivono pioggia
allagano la gola
serrano margini
ai fogli dell’infanzia
un rumore compiaciuto alla bellezza
il vento che sfiora campanule
che solleva la polvere sopra ogni cosa
per non dimenticare, forse
che siamo tutti figli della stessa terra




[Modificato da Francesca Coppola 11/01/2012 11:41]


"i ritorni hanno rugiada sulla bocca e sorrisi fra mani confuse"
www.francescacoppola.wordpress.com
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Post: 1.652
11/01/2012 11:41
 
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visitazioni

- sei dove risiede la malinconia -
che si presta, ora, ad altre visitazioni
il crepuscolo che stacca
delicatamente
il giorno dai suoi rami
è la mia pelle
invano descrive dinastie di rose
da intrecciare ai seni – isole
inzuppate d’acqua

troppo amore
per farne un orlo da scucire
sotto la veste quando occorre
scrivere ai bordi di una costellazione
amica e lasciare che il vento
gonfi sulle tempie sottili vene azzurre
porti sulle labbra
l’odore aspro delle barche incagliate
sulle rocce, finite in secca
senza temporale, dimenticate
purché restino distanze da rabboccare

*

accordature


è nelle pause che ci accordiamo
tra le letture ad occhi chiusi
dove pianti le mie rose bianche
nel suono lungo che accade
quando chiudiamo la porta
spalanchiamo un fiume
nella percorrenza di una bocca
nel disarmo dei corpi quando tutto è niente
come l’origine, la sorgente
o le partiture nude dei muri
con i ritratti abbandonati di vecchie
case. alla domenica

*

e poi noi

ci vuole poco a dire noi sotto la pioggia
per poi cessare le nuvole tutto intorno
alla parola vento, nel bel mezzo delle braccia
come chi si ferma ad approfondire
un ordine da assomigliare al caso

comunque sera lo spogliarmi dei tuoi occhi
lasciando che la forma del corpo
muti al resto, a una fragilità di terra
che consente il mare, l’approssimarsi
incauto delle stelle quando è inverno

*

storie di mare


- ci salva la marea – tutto quel fragore
che sale dalle braccia è il chiasso dei marinai
l’onda che ripete il fondo quando incaglia
il bacio sul ventre tondo della polena
e incontra terra dentro occhi, labbra di corallo
come un sollievo che sa il mare
quando scopre il viaggio
l’andare del grecale senza vedere
sotto il vuoto

*

il mare ha una grande pancia
lunghi corridoi di pesci
un affondo d’acqua dentro scafandri
rotte tracciate in coda alle balene
una sorpresa di tartarughe
il resto è sale, scorza amara




La poesia di Mirella si presenta con un tono colloquiale, quasi dolcemente malinconico nei giri di chiave molto introspettivi che indagano il tema Amore con mosse, a volte, impercettibili:
“ troppo amore/ per farne un orlo da scucire…”.
È soprattutto una poesia evocativa, fatta di scatti fotografici dove l’autrice riesce sapientemente a rappresentare "un crepuscolo che stacca delicatamente il giorno dai suoi rami/ o /scrivere ai bordi di una costellazione amica e lasciare che il vento gonfi sulle tempie vene azzurre…". Immagini intervallate a respiri, pause, riflessioni, passioni dall’intensità vibrante, come in “quando chiudiamo la porta/ spalanchiamo un fiume/ nella percorrenza di una bocca/ nel disarmo dei corpi quando tutto è niente/ come l’origine, la sorgente/ o le partiture nude dei muri/ con i ritratti abbandonati/ di vecchie case. alla domenica.
L’amore è nostalgico, assente-presente, a volte, con note dolenti “l’odore aspro delle barche incagliate/comunque sera lo spogliarmi dei tuoi occhi” altre quasi salvifiche “e incontra terra dentro occhi/come un sollievo che sa il mare…”. Sono le sensazioni, le intuizioni a guadagnare spazi nella memoria di chi legge e poi la meraviglia di cogliere tutto in una frase, anche in questo caso si tratta solo di un’impressione momentanea, visto che il testo ad ogni lettura offre svariate interpretazioni, dove nessuna sembra togliere sete al significato. Si resta lì, lì col fiato sospeso, come quando ti ritrovi fra le mani una lenza che non fa altro che tirare, la successiva certezza di aver pescato qualcosa per poi scoprire che non ha abboccato nulla.
L’autrice, in ogni testo infatti, apre una serie di stanze, i cui corridoi sono lastricati di figure retoriche sofisticate e al tempo stesso enigmatiche; perché accostarsi alla poesia della Crapanzano dà sempre quel senso quasi di occulto, misterioso, un intreccio fatto di carne e colori, una ricerca, a tratti, esasperata di provare a dire con labbra serrate, per comunicare all'aldilà della parola, sfrondare ogni significato apparente e farsi nuda emozione.






[Modificato da Francesca Coppola 13/01/2012 17:38]


"i ritorni hanno rugiada sulla bocca e sorrisi fra mani confuse"
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