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I posto: Mirella Crapanzano, commentando 5 poesie scelte

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    Francesca Coppola
    Post: 1.652
    00 11/01/2012 11:39

    Mirella Crapanzano risulta 1° classificata con il testo:


    Figli della Terra

    allungarsi. è il corpo radice
    che sfiora l’alto, che ha fine
    dentro pozze profonde
    occhi d’acqua intimo calarsi
    del seme quando scortica
    la terra, ci matura al mare.
    natura esplosa dentro bocche
    di leone, abitata da creature selva
    iniziata all’erba, ai fiordalisi
    rivelata a chi del tempo
    valica i confini, senza differenza
    di noi, le vite
    arrivate fino a sera. di quelle appena.
    parlare con il canto
    senza parole, fitto di suoni
    attraversati dalla marea, l’appassire
    del fiore, le dita
    che scrivono pioggia
    allagano la gola
    serrano margini
    ai fogli dell’infanzia
    un rumore compiaciuto alla bellezza
    il vento che sfiora campanule
    che solleva la polvere sopra ogni cosa
    per non dimenticare, forse
    che siamo tutti figli della stessa terra




    [Modificato da Francesca Coppola 11/01/2012 11:41]


    "i ritorni hanno rugiada sulla bocca e sorrisi fra mani confuse"
    www.francescacoppola.wordpress.com
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    Francesca Coppola
    Post: 1.652
    00 11/01/2012 11:41
    visitazioni

    - sei dove risiede la malinconia -
    che si presta, ora, ad altre visitazioni
    il crepuscolo che stacca
    delicatamente
    il giorno dai suoi rami
    è la mia pelle
    invano descrive dinastie di rose
    da intrecciare ai seni – isole
    inzuppate d’acqua

    troppo amore
    per farne un orlo da scucire
    sotto la veste quando occorre
    scrivere ai bordi di una costellazione
    amica e lasciare che il vento
    gonfi sulle tempie sottili vene azzurre
    porti sulle labbra
    l’odore aspro delle barche incagliate
    sulle rocce, finite in secca
    senza temporale, dimenticate
    purché restino distanze da rabboccare

    *

    accordature


    è nelle pause che ci accordiamo
    tra le letture ad occhi chiusi
    dove pianti le mie rose bianche
    nel suono lungo che accade
    quando chiudiamo la porta
    spalanchiamo un fiume
    nella percorrenza di una bocca
    nel disarmo dei corpi quando tutto è niente
    come l’origine, la sorgente
    o le partiture nude dei muri
    con i ritratti abbandonati di vecchie
    case. alla domenica

    *

    e poi noi

    ci vuole poco a dire noi sotto la pioggia
    per poi cessare le nuvole tutto intorno
    alla parola vento, nel bel mezzo delle braccia
    come chi si ferma ad approfondire
    un ordine da assomigliare al caso

    comunque sera lo spogliarmi dei tuoi occhi
    lasciando che la forma del corpo
    muti al resto, a una fragilità di terra
    che consente il mare, l’approssimarsi
    incauto delle stelle quando è inverno

    *

    storie di mare


    - ci salva la marea – tutto quel fragore
    che sale dalle braccia è il chiasso dei marinai
    l’onda che ripete il fondo quando incaglia
    il bacio sul ventre tondo della polena
    e incontra terra dentro occhi, labbra di corallo
    come un sollievo che sa il mare
    quando scopre il viaggio
    l’andare del grecale senza vedere
    sotto il vuoto

    *

    il mare ha una grande pancia
    lunghi corridoi di pesci
    un affondo d’acqua dentro scafandri
    rotte tracciate in coda alle balene
    una sorpresa di tartarughe
    il resto è sale, scorza amara




    La poesia di Mirella si presenta con un tono colloquiale, quasi dolcemente malinconico nei giri di chiave molto introspettivi che indagano il tema Amore con mosse, a volte, impercettibili:
    “ troppo amore/ per farne un orlo da scucire…”.
    È soprattutto una poesia evocativa, fatta di scatti fotografici dove l’autrice riesce sapientemente a rappresentare "un crepuscolo che stacca delicatamente il giorno dai suoi rami/ o /scrivere ai bordi di una costellazione amica e lasciare che il vento gonfi sulle tempie vene azzurre…". Immagini intervallate a respiri, pause, riflessioni, passioni dall’intensità vibrante, come in “quando chiudiamo la porta/ spalanchiamo un fiume/ nella percorrenza di una bocca/ nel disarmo dei corpi quando tutto è niente/ come l’origine, la sorgente/ o le partiture nude dei muri/ con i ritratti abbandonati/ di vecchie case. alla domenica.
    L’amore è nostalgico, assente-presente, a volte, con note dolenti “l’odore aspro delle barche incagliate/comunque sera lo spogliarmi dei tuoi occhi” altre quasi salvifiche “e incontra terra dentro occhi/come un sollievo che sa il mare…”. Sono le sensazioni, le intuizioni a guadagnare spazi nella memoria di chi legge e poi la meraviglia di cogliere tutto in una frase, anche in questo caso si tratta solo di un’impressione momentanea, visto che il testo ad ogni lettura offre svariate interpretazioni, dove nessuna sembra togliere sete al significato. Si resta lì, lì col fiato sospeso, come quando ti ritrovi fra le mani una lenza che non fa altro che tirare, la successiva certezza di aver pescato qualcosa per poi scoprire che non ha abboccato nulla.
    L’autrice, in ogni testo infatti, apre una serie di stanze, i cui corridoi sono lastricati di figure retoriche sofisticate e al tempo stesso enigmatiche; perché accostarsi alla poesia della Crapanzano dà sempre quel senso quasi di occulto, misterioso, un intreccio fatto di carne e colori, una ricerca, a tratti, esasperata di provare a dire con labbra serrate, per comunicare all'aldilà della parola, sfrondare ogni significato apparente e farsi nuda emozione.






    [Modificato da Francesca Coppola 13/01/2012 17:38]


    "i ritorni hanno rugiada sulla bocca e sorrisi fra mani confuse"
    www.francescacoppola.wordpress.com