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Ianva: l'archeofuturismo nazionalista

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    Nihil.
    Post: 711
    00 23/05/2010 12:12
    Ianva

    Ho ascoltato i due album dei genovesi Ianva, e devo dire che ne sono rimasto affascinato: la rievocazione dell'impresa fiumana e della guerra civile tra partigiani e repubblichini è fatta con un'attenta ricostruzione storica sia nei testi (veramente ottimi) sia nelle musiche, evocate o riadattate a seconda delle necessità del concept... siamo al cospetto di un eccellenza tutta italica, che rifiuta di essere un riadattamento in salsa italiana dell'alternative anglo-americano per cercare nella canzone d'autore italiana e francese, nel marziale neo-folk dei Death in June, e nelle tradizione classica la propria via per contrastare il mainstream sempre più autoreferenziale della scena italiana. Che ne pensate?


    ecco qualche testo


    MURI D’ASSENZIO

    Muri d’assenzio dentro di noi,
    Sorgeva un alba livida.
    Dal fronte del porto il fuoco iniziò,
    Sgomenti e scaltri sguardi che
    Ci si scambiò.
    Ma non si tremò, benché sbronzi.

    Una compagine strana, la Legione Fiumana,
    Con l’ardore incosciente che trascende il presente,
    Gioia, bestemmia e abbandono in un unico dono,
    Che degnifica al pari Patria e donne volgari.

    Però di quante tormente sono stato sorgente,
    Sul bordo di quanti vulcani mi sono bruciato le mani,
    Quali alcove agognate nottetempo ho violate,
    Vita come incursione e sedurre è un’opzione.

    Muri d’assenzio e tabacco per noi.
    Quel forte e buon macedone,
    Un sogno che sfuma nel piombo, si sa,
    Val bene un’avanguardia estetica,
    Ma ora è la Realtà … All’armi!

    Ma già l’artiglieria il sogno spazzava via.
    Tra la folla impazzita io la scorsi, smarrita.
    La bruna avventuriera con la bocca da fiera,
    Disse: “Maggiore, io resto. Dove è Lei lì è il mio posto”.
    Ed io: “Si metta in salvo, tra un po’ qui farà caldo”.
    Ci fu un unico bacio, ne ebbi il sangue incendiato,
    “Ora vada, perdio! Che qui è affare mio,
    E, se il Cielo ci assiste, ci vedremo a Trieste”.

    Col suo profumo ancora nelle nari
    Incontrai il mio destino con tanti miei pari,
    E un’ infilata di “fuoco fratello”
    Mi colse di schiena e mi snudò il cervello…



    FUOCO A FIUME

    Non è come sprofondare
    Nella gora che accudisce,
    E chi frequenta l’oppio
    Fino in fondo ben conosce.
    Non è scossa di morfina
    Nelle vene in un crescendo,
    Come mandria di cavalli
    Resa folle da un incendio.
    Vorrei che tu mi avvolgessi
    Con premure, con amore
    Dentro ad ingiallite bende
    E mi donassi quel dolore
    Che sa di vecchi orfanotrofi,
    Di altalene rugginose,
    Come foglie in braccio al vento
    Nei tramonti, quando è ottobre.

    Vorrei un rosario da sgranare
    Mentre sul mio volto l’ombra
    Di un reticolo di sbarre
    Fa suggello a questa tomba.
    Il mio sguardo ancora mendica,
    Mentre si protende in alto,
    D’esser perdonata e tratta
    Fuori dal tuo braccio al fianco.

    Non volermene mio Amico,
    Pensa che la mia condanna
    Io la sconterò vivendo,
    Scivolando senza dramma
    Dentro un tetro camposanto
    Di siringhe e contenzioni,
    Dov’è il mio stesso rimpianto
    Che processa le intenzioni.

    Dove il fuoco che ci arde
    Non si estingue con l’Idea,
    E lo scrigno dei ricordi
    Tutto informa e nulla crea.
    Dove l’urlo di battaglia
    Che s’infuria contro il sole
    Pare un’eco fredda e morta


    TANGO DELLA MENADE

    Per te
    Dovrei essere Kali
    La Dea
    Madre di mille pugnali
    Dovrei
    Trovare un macabro gusto
    A recar la tua testa
    Spiccata dal busto...
    Ero il plenario sanguinare
    Che macella la Ragione
    E di Dioniso la torcia.
    Ora, invece, son qua
    Come Lupa domata
    A morire per te.


    Di Menade è il tango che ascolti
    Trascinato dai venti...

    Per te
    Iniziatrice sarò
    Sovrana altera e schiava,
    Sia d’Arcadia o di Giava
    Quel dio rinnegherò.
    Sono rubino e veneficio
    E ancora spira di serpente,
    E sono chioma di Medusa.
    Poi d’un tratto mi scopro
    Trepidante in attesa
    Tu sai bene di che…

    Tu che sei salso come il mare
    Al mio palato, o militare
    Fonte pulita da cui bere
    Per riconsacrare
    L’Inconnue redenta
    Che s’affaccia in me

    Di Menade è il tango che ascolti
    Trascinato dai venti...

    Perché
    Luna nuova sarò
    Meretrice e poi Santa
    E la mia malapianta
    In giglio io muterò
    Trascino innanzi la mia piaga
    Tra l’inanità e i silenzi,
    Ma stupisci e ascolta, Renzi:
    Finché ho un filo di fiato
    Il mio canto infuocato
    Per te leverò…



    "Il poeta è puro acciaio, duro come una selce" Novalis

    No Copyright: copia, remixa, diffondi.






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    Maredinotte
    Post: 1.681
    00 28/05/2010 15:43
    ho letto i testi, davvero pregevoli, degli Ianva, e ne ho ascoltato alcuni brani. anche la musica, un po' retrò, è molto bella.

    mi piacciono i cantautori che cercano nuove strade, anche questo progetto non è da disdegnare ma non è che mi attiri più di tanto. lo vedrei più come un progetto fine a se stesso, che si fermi a questi album per poi dare spazio ad altro perchè non amo i nazionalisti sfegatati. [SM=g8229]

    "La più alta forma di intelligenza umana è la capacità di osservare senza giudicare." (Jiddu Krishnamurti)
    robertadaquino.wordpress.com



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    Nihil.
    Post: 711
    00 30/05/2010 15:59
    Io spero continuino, anche se i presupposti di partenza (rivalutazione del nazionalismo pre-fascista e del ventennio) sono già stati adeguatamente sviluppati, e se continuassero seguendo la stessa rotta rischierebbero di ripetersi o cesellare quanto già fatto.

    "Il poeta è puro acciaio, duro come una selce" Novalis

    No Copyright: copia, remixa, diffondi.