00 10/07/2011 23:24
La crisi della critica e del suo ruolo è strettamente correlata a quella dell'arte (in senso lato) e delle grandi ideologie. Mi spiego: la critica nasce a fine '700 insieme ai primi quotidiani, e ha la funzione di orientare il nuovo pubblico borghese sulle novità di rilievo, è strettamente correlata con il movimento illuminista e svolge una funzione "pedagogica", in quanto valuta le opere in conformità alla loro corrispondenza o meno all'educare il fruitore allo sviluppo della ragione e al controllo delle passioni (non a caso uno dei primi grandi critici letterari fu Voltaire, che definì Shakespeare "un barbaro senza talento")... è interessante notare come la critica nasca per supplire all'assoluta ignoranza della nascente borghesia sul bello, dato che l'industrioso borghese non poteva contare su quell'ereditarietà del gusto della classe aristocratica e del clero, che per tradizione erano gli unici committenti dell'opera d'arte (fosse essa pittura, scultura o poesia), quindi possiamo dire che la critica nasce contemporaneamente al mercato di beni culturali, e da questo mercato dipende strettamente. Durante il periodo romantico e della restaurazione le cose non combiano molto, la grande rivoluzione la si ha con la nascita del socialismo che forgia la figura del critico "militante", ossia del recensore che valuta l'opera d'arte in base alla conformità di questa con le idee politiche del partito/movimento a cui appartiene (vale la pena di ricordare che lo stesso Marx ci ha lasciato una mole considerevole di critiche letterarie)... la nascita della critica militante è concomitante con quella dei primi gruppi o movimenti artistici, che si riuniscono sotto idee politico-estetiche comuni (scapigliati, futuristi, surrealisti), scegliendo critici ufficiali delle loro opere oppure facendosi essi stessi critici, mantenendo sempre un comunque un ottica di "gruppo", per cui le opere del proprio movimento o di movimenti affini vengono elogiati e quelle di movimenti antagonisti denigrate, spesso prendendo in considerazione più le opinioni politiche ed estetiche dell'autore che il valore formale e di contenuto dell'opera.

Le cose grosso modo vanno avanti così fino alla morte delle grandi ideologie a fine '900, fenomeno che porta da una parte gli artisti a ritirarsi in un individualismo più o meno programmatico, per cui niente più manifesti e intenti comuni, ma una miriade di poetiche autonome (o sedicenti tali), dall'altra i critici perso ogni quadro di riferimento che trascenda l'opera stessa e la possa collocare in quadro storico, politico o culturale, si trincerano dietro ad un intransigente formalismo oppure assecondano l'individualismo dell'artista producendo a iosa recensioni in cui ogni opera vive in uno spazio-tempo a sé stante, e spesso queste recensioni sono naturalmente elogiative (visto che ogni opera fa a sé, come si può criticarla, quindi compararla, con altre opere?)... questo fenomeno, insieme alla diffusione del web e all'aumento esponenziale dell'offerta ha causato la svalutazione della figura del critico, che da guida dei gusti, della morale e della formazione politica del pubblico si è trasformato in autore di quarti di copertina, rèclame pubblicitarie e recensioni ad personam. La cosa è evidente se si prendeno in considerazione le riviste di poesia più di lette in Italia, che si intitolano entrambe "Poesia" (azzo che fantasia!): spesso la recensione consiste in una breve biografia del poeta, un sommario di come questa influenzi la sua scrittura, e poi giù citazioni dalla prefazione (spesso scritta da un critico o da un poeta amico dell'autore, in mancanza di questi, da un critico pagato dalla case editrice dell'artista), inutile dire che il 99% di queste recensioni sono di un positivo che sconfina nell'apologetica.
E qui c'è la questione delle conoscenze: nell'ambito poetico contemporaneo queste sono determinanti (ma lo erano anche in passato), il problema è che queste sono svincolate da qualsiasi "superiore" riferimento politico e/o estetico, e quindi si rifanno ad una logica di tipo familistico, ossia ci si divide per appartenenza di forum, blog, case editrice, rivista... in fondo è lo stesso sistema che riproduciamo nel nostro piccolo microcosmo, solamente che qui non ci sono di mezzo soldi e premi ma solo flussi e riflussi d'autostima.

Per quando riguarda il problema di partenza posto da Fiorella: non è questione (solo) di piaggeria e coccodrillismo che si preferiscano i poeti morti -soprattutto se spariti manu propria- a quelli vivi, è un corollario della situazione sopra descritta: se l'opera è strettamente correlata all'autobiografia e solo ad essa si riferisce, la fine della biografia diventa anche la conclusione dell'opera, quindi la morte dell'artista permette al critico di poter fare un bilancio della sua carriera. Il suicidio in questo contesto diventa un valore aggiunto: essendo un atto volontario, ed essendo strettamente correlato all'opera (vedi sopra), conferisce a questa una chiusa e una chiave di lettura che la morte naturale non può dare. La fama post-mortem dell'artista scomparso poi dipende sostanzialmente delle quantità e della qualità delle conoscenze che aveva accumulato in vita, cosa fra l'altro che è detta in maniera neanche tanto velata (per chi sa leggere in filigrana) nel bilancio critico, quando ad esempio si dice "la conobbi 10 anni fa ad un incontro internazionale a Vienna, ci presento l'amico comune N, che la recensì per il giornale Z con cui collaborai anch'io nel periodo X-Y, poi la persi di vista ed ora mi arriva la notizia della sua scomparsa da C, grande poeta e amico di N..." per chi invece in vita non ha accumulato le necessarie conoscenze, c'è la possibilità d'essere ripescato da uno studente che vuole una tesi di laurea originale, e per questo si mette a scartabellare riviste semi-sconosciute e diffuse in 50 copie in autogrill e biblioteche di paesino, scoprendo magari la fatidica poesia con il rimando alla raccolta auto-pubblicata o pubblicata da un editore minuscolo, da andare a recuperare per la tesi (in questo modo ad esempio si è riscoperto Dino Campana).

Quindi ragazze non disperate, basta girare e farsi le conoscenze giuste, arrivare a farsi pubblicare -magari pure pagando-, poi se vi capita di suicidarvi o di morire prima del tempo, troverete sicuramente qualcuno che vi ripesca e vi paragona ai classici, la cosa è sicura all'80% (garantisco per esperienza).


"Il poeta è puro acciaio, duro come una selce" Novalis

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