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Natàlia Castaldi

Ultimo Aggiornamento: 20/09/2010 11:43
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Post: 423
17/09/2010 23:28
 
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Natàlia Castaldi, maestra dell’intermedia scrittura riesce a fondere, senza che se ne avverta la mescolanza, prosa e poesia in un’unica pasta che non sottostà a definizioni in quanto è pura espressione, è del profondo, ma anche epidermica prendendo anche dalla superficie e dalle immediate vicinanze ogni spunto per tradurlo in poesia, senza nessuno sforzo perché lei stessa sembra fatta di quella sostanza.
Le sue poesie sono dei bassorilievi, calde come legno, forti come acciaio, sia che mostrino fragilità, sia che si avventino contro un’ingiustizia o quant’altro, e non di rado le due qualità appaiono nello stesso testo descrivendo tratti con estrema delicatezza per rompere poi in uno tsunami di parole che non lasciano spazi vuoti ed il tutto nella correttezza poetica che la distingue senza, cioè, sforature e/o indebolimenti di sorta.
La Castaldi è un esempio è fa scuola, una scuola che è avanguardia, che non ha riscontri, se non nella definizione stessa, in quanto unica. Non sono moltissimi gli autori di spessore in questo panorama letterario contemporaneo ed ognuno di loro è un mondo poetico a se, coi propri schemi e le personali strutture. Ecco, Natàlia Castaldi è una di loro.
Nasce a Messina il 13 gennaio 1971, dopo una formazione classica si iscrive dapprima alla facoltà di Lettere classiche della sua città, poi abbandonerà quel percorso di studi per trasferirsi tra Milano e Roma dove frequenterà il corso di Laurea e specializzazione in Interpretariato e Traduzione, conseguendo nel 1997 la specializzazione in Traduzione di lingua inglese e spagnola. Dopo anni di viaggi di studio e lavoro tra Italia e Inghilterra, dal 2000 è tornata a vivere e svolgere la sua attività di traduttrice libero professionista e scrittrice nella sua città natale. La traduzione poetica, la poesia e la partecipazione attiva alla vita politica e civile, sono i suoi principali campi di interesse, che considera dipendenti e consequenziali gli uni dagli altri.
Scrive poesie, saggi, recensioni, brevi brani in prosa, e nell’ottobre del 2009, fonda insieme ad altri poeti e scrittori il collettivo di poesia online “Poetarum Silva”con l’obiettivo di diffondere la bellezza del pensiero quale unica fonte di resistenza umana dinanzi agli inganni del tempo ed alle dimenticanze della storia.

(Sebastiano A. Patanè)

Altro su Natàlia Castaldi qui




[carta da musica - appunti dalla consumazione]

- dove mi porti, Philip?
- dentro l’ossessione di sette note.
- è quell’ossessione che mi lascia sospesa, Philip.
- lo so.


[appunti dalla consumazione]

[la verità non si sa mai dove stia di casa
e dicono di averlo visto passare dietro un cespuglio di more
lei, invece, pare sia rimasta a contare i fili di grano da intrecciare.
C'è chi dice che lei abbia perso tra quei fili
anche il cervello impigliato nell'intrigo di un ricordo.
Ma poi non si sa mai dove stiano di casa
il vero ed il falso lungo quella strada
con una salita che scende
se si cambia direzione
e non si sa nemmeno
se scende chi rimane o parta chi torna.
Qualcuno ha detto che lei sia ferma
come un fantasma alla stazione
ed è una storia triste
che non si sa come abbia avuto origine
nella sfera della mia penna,
provo a tratteggiarne un percorso piano
come un disegno a matita che non lasci danni evidenti alle ossa.
ma c'è chi parte e c'è chi resta
e non si sa bene se resti chi parte o parta chi resta]


[carta da musica - Philip and J]

- dimmi la verità, Philip
- non c’è la verità
- c’è sempre una verità, Philip
- la tua, la mia, non la verità. Ci sono le scelte, ma non c’è la verità
- perché non può esistere una verità che sia nostra?
- perché noi non esistiamo. Lo sai questo.
- anche questa sarebbe una verità nostra. inconfutabile peraltro.
- tutto è confutabile. anche noi.
- ma se pronunci quel noi lo rendi vero, Philip. ti contraddici.
- “noi” siamo contraddizione. la scrittura è contraddizione, la creazione è contraddizione. il noi di cui tu parli sono note, acqua, vento, parole, sono fatti estranei al nostro corpo, al nostro vivere organicamente tra reale ed ideale.
- resta sempre un senso, Philip
- resta il vuoto, le nostre cose. resta la creazione. resta quello che abbiamo vissuto senza saperlo.
- ma io lo so, Philip
- se lo sapessi non seguiresti quel suono. quel suono non ti appartiene, ti attraversa, ma non ti appartiene.
- sono io quel suono, Philip. sei tu che non mi trattieni. per questo mi scrivi.


- dunque fare finta che tu non esista sarebbe la soluzione al caso? al nostro caso? Dovrei rinchiudermi in un’indifferenza atona, smettere di ascoltarti magari, obbedendo all’ordine grafico della tua penna, negandomi la rabbia, la danza, la grazia, le dita, i respiri, nel tuo spartito. Non ti rendi conto che questo equivarrebbe a distruggere quello che scrivi, quello che siamo, le cose che componi e immagini, tutto quello in cui mi muovo? Puoi distruggermi se vuoi, mescolarmi a mille altri suoni, ma mi hai creata come un tarlo e ora palpito, oltre ogni tuo ragionevole desiderio.
- io scrivo note, note per film. ogni pellicola ha il suo corso. tu mi vedi dove non esisto. ci sei tu, è vero, ma sei solo la proiezione delle altre mille ombre che mi hanno percorso. non sei nulla di più di un accordo, forzato, ripetuto. sei uno dei miei canoni, mi ossessioni fino a morire sulla carta. poi ci sarà solo un violino. un violino stridente e il tuo dolore, non il mio.

*

[pellicole - dalla consumazione]

Capitava in quella storia di vedere lui scrivere segni
tra la polvere e l’inedia sull’indice
e l’ebano d’un tavolino sgangherato
mentre lei
stizzita]
lo osserva di nascosto
voltandogli le spalle per ascoltarlo meglio

non è nello sguardo il senso del possesso
ma nel vuoto che si riconosce nel silenzio

Si persero così il conto delle stagioni
serrando gli attimi di gioia in un’aderenza obliqua
d’interpunzioni e silenzi scritti a pelle.

[io rimango in tutto ciò che non saranno.]

*

[stralci di un discorso lungo e noioso, nonché privo di alcun fondamento filosofico e scientifico, sull'origine di una malattia]


[…] l’anima dice “sopporta”
e il corpo dice “non posso”
Juan Boscán


*

Si direbbe che apprendiamo qualcosa
Intorno all’arte quando sperimentiamo
Ciò che la parola “solitudine” vorrebbe disegnare.
Maurice Blancho



*** *** ***

[....]
C’è un’assenza di tempo nella solitudine, un’assenza di spazio, che traduco in parole come una “continuità sospesa” dacché anche ciò che circonda la solitudine appare sospeso, astratto nel tempo e nello spazio, e dal tempo e dallo spazio della sua oggettiva presenza.
È come se non ci fossero silenzio e rumore, o meglio è ininfluente che ci siano, poiché tutto ruota entro la sfera di un’estraneità di oggetti e fatti.
Vista così, si direbbe quasi uno stato di grazia, e deve avere infatti fascino ed attrattiva che corrompono. Ed in effetti, in qualche misura, -dicevo – la solitudine, che pur appare estranea al circostante e al contempo circostanziata all’inconfutabile -per quanto effimera- verità dell’essere, pare essere la forma ontologica più vicina al nucleo, in cui [e per cui] presenza ed assenza sembrano coincidere con la plurale unità del pensiero.
E a quanto pare, col beneficio del mio medesimo dubbio, essa è sintomo di una malattia latente, un’affezione priva di apparente motivazione – semmai la si volesse collocare nella reale circonstanzialità di fatti e luoghi, che inspiegabilmente si è soliti descrivere quali osservatori immobili [e non lo sono, né osservatori, né tantomeno immobili] che la scrutano nella sua impassibile cecità.
[...]
È singolare inoltre, e non posseggo gli strumenti cognitivi per spiegarmelo, che essa, così avulsa dalla realtà che potrebbe riempirne l’esistenza, si ancori poi ad assenze reali apparentemente irrilevanti e si disegni negli sbadigli di un gatto o soffra delle guerre che non vive, concentrandosi in una serie di domande sull’esistenza di cui pare non curarsi, che spesso lasciano esterrefatti per la loro innaturale inconsistenza.
Eppure io credo che proprio in quel contrastante vuoto, soffocato dalla pienezza di insopportabili distanze, nasca la necessità di “ricreare” i fatti, le parole, i colori, le scene e le cose tutte che si percepiscono come un dato oggettivo d’appartenenza cui, in qualche misura, si sente di essere stati strappati.
Quasi non si fosse altro che atomi di una memoria superiore che ha inciso nel profondo del nostro nucleo la traccia di ciò che sarebbe dovuto o potuto, ma non è stato.



se a scriverlo


Si entra nelle parole con l’equilibrio di un bambino
che di soppiatto infila passo dopo passo al silenzio
per non turbare il resto delle cose
e sembra quasi che io non esista senza questa stanza gialla
- se la scrivo gialla perché tu la veda -
e che sia il tuo comodino
- se lo scrivo per sfiorarti le dita -
quando appoggi piano l’ultimo libro e gli occhiali della sera.
Come non fossimo che materia uniforme di ogni lettura
fin dentro l’invenzione delle scale sotto il passo lento,
e il lavandino, che ancora non si sa se scriverlo vecchio o antico,
ma che ha il privilegio di raccogliere l’acqua dopo il tuo viso,
e le lenzuola da sentenziare decisamente bianche
per avvolgerti le ginocchia,
i talloni screpolati,
la schiena,
come questo foglio
su cui annoto la rituale procedura del tuo sonno
pari alla mia veglia.

..........quasi io mi possa acquietare solo dopo aver rimboccato ogni parola

..........al nostro esserci luogo come una scrittura.





[da quando penso a quella cosa che hai scritto dell'aria



La forma del tuo cuore è disegnata nell’aria
E il tuo amore rassomiglia al mio perduto desiderio.
P. Eluard


la bellezza è una cosa tenue, leggera, quella gentilezza che si fa notare appena e spesso passa inosservata

[da quando penso a quella cosa che hai scritto dell'aria.
Non ricordo la pagina, il giorno o l'ora,
né il titolo di quella raccolta o il verso a seguire.
Non ho buona memoria, lo sai bene,
e faccio fatica riconsultando continuamente le nostre letture.

Ché poi non si sa mai se domani deciderai
di darmi quella leggerezza nella tua scrittura,
ma qui la notte è pesante quanto un'assenza
che la bellezza turba con la tenue tenerezza delle cose di ieri.

Non c'è altro che io possa inventare stanotte
se non la verità delle scritture
da nascondere tra le pieghe a bordo pagina
come un segno distintivo,
[fisso
da mantenere integro ed intatto
senza svelarci la dannata paura di essere persone
che abdicano alla ragione del tempo
lo spazio vitale in cui può mancare
la banalità di una persona da amare
nei suoi gesti ripetitivi,
come tutte quelle cose che agisci
raccogliendo la noia dei fatti
nei riflessi speculari alle parole,

quando crei tutte quelle piccole storie
in cui darmi materia di arti e pensieri
sembra essere la sola possibile lettura
ai miei capelli d'arancia gialla
sulle labbra succose della sera.

quasi fossi vera in ogni tua parola]
[Modificato da al_qantar 17/09/2010 23:29]
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Post: 1.681
20/09/2010 11:43
 
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ieri sera ho visto Shutter Island. in questo film, alla fine, non si distingue più il vero dal falso, l'illusione dal mondo reale e anche la fine non ci dà indicazioni su quanto possa essere accaduto realmente, nè su cosa accadrà in seguito. Il film pare darci il senso del non definito e definitivo.
stamattina mi sono avvicinata a questi stralci che ci proponi e ho ritrovato la stessa identica sensazione.
La cosa bella è che mi è parso di essere seduta nella platea di un teatro, il posto per eccellenza in cui realtà e finzione si fondono fino a diventare una cosa sola. e lì, comoda sulla mia poltrona, mi sono sentita scomoda, con l'urgenza di intervenire, di vivere la scena anche solo col pensiero.

ecco, la fluidità delle parole dell'autrice, nella loro semplicità, inducono a liberarsi da certi stereotipi e a pensare. sono temi importanti quanto inconsistenti questi, per il genere umano, ma comunque affascinanti. sono temi che restano senza tempo, tanto da poter appartenere a personaggi di secoli fa, così come ad un uomo del prossimo millennio. e difatti, lo stesso stile narrativo/poetico, mi ha lasciato la sensazione di fluttuare nello spazio senza un tempo definito.

è un piacere leggere queste penne!

Grazie Seb di avercela proposta e complimenti vivissimi a Natàlia Castaldi.

"La più alta forma di intelligenza umana è la capacità di osservare senza giudicare." (Jiddu Krishnamurti)
robertadaquino.wordpress.com



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