Giovanni Giudici è nato a Porto Venere, nel 1924. E' stato scrittore di racconti, poeta, giornalista per varie testate e anche per l'Olivetti in "Giornale di fabbrica". Ci lascia oggi, nella mattinata, tutti i suoi versi.
Grazie Fiore per avercelo ricordato.
L’AMORE CHE MIA MADRE
L’amore che mia madre amò tutta la vita
non fu mio padre – ma un uomo
col quale era sparita fingendo di morire.
Per questo ritornava al termine della sua vita
a me che non volevo vederla finire.
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LA VITA IN VERSI
Metti in versi la vita, trascrivi
fedelmente, senza tacere
particolare alcuno, l’evidenza dei vivi.
Ma non dimenticare che vedere non è
sapere, né potere, bensì ridicolo
un altro voler essere che te.
Nel sotto e nel soprammondo s’allacciano
complicità di visceri, saettando occhiate
d’accordi. E gli astanti s’affacciano
al limbo delle intermedie balaustre:
applaudono, compiangono entrambi i sensi
del sublime – l’infame, l’illustre.
Inoltre metti in versi che morire
è possibile più che nascere
e in ogni caso l’essere è più del dire.
da Autobiologia
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ERA CERTO IL PRINCIPIO
Conoscerai la buia compagnia
delle luci schermate che dai treni
misti trapelano lente.
________________________Una notte
la stazione di Pisa era un inferno
di pioggia, di soldati, di rovine:
era certo il principio, ma a te fine
parve di un’altra età, quando la docile
viaggiatrice s’arrese alla conquista.
Poi fu la buia compagnia, non vista
nei volti, fatta delle voci rade:
parlavano di donne e di contrade,
di quasi-morti e del pane di guerra.
da La stazione di Pisa