Dio in esperanto (FB song)

“Lo chiamavamo Dio
ed era solo un tag di paure e speranze”

Serviva una lingua, una connessione
un dio che ti dona la salvezza
se lo cerchi con un buon motore

ci voleva un profeta adolescente
un ebreo, ma non ignorante
uno che Harvard l'ha fatta
monaco nella sua stanza

si, perché ci sentivamo soli, dispersi
orfani di riti e partiti,
frammentati, disadunati
in oceani di file e spartiti

mancava il roveto, la scintilla
quel fuoco che ti prende
quando il video trilla
e hai un messaggio
che t'incolla allo schermo

un matrimonio, un funerale
l'amica che va al mare
con la fotocamera digitale
a riprendere i gabbiani
che si schiantano sui vetri
e tu, tu noti qualcosa

forse un augurio
o un codice d'accesso
forse solo che il loro
mancare all'appello
-in fondo- è lo stesso.

sì, ha decisamente il ritmo di una canzone e pur non preferendolo come genere, riesce comunque a trasmettere qualcosa.
Nel finale, se ho capito bene, c'è un po' la sintesi di quello che rappresenta attualmente il social network più famoso al mondo.
Fb è una bella vetrina, che si tratti di foto, di pensieri, ecc. Ti sembra che senza non puoi vivere, ma se poi mancano i segni di vita delle pseudo-amicizie, fa lo stesso.
E' come se fosse un qualcosa di auto-imposto o semplicemente in voga, se senti i commenti in giro, non essere raggiungibile su fb: è out.
Ora, devo ammettere che quando ho avuto la forza di staccarmi da questo mondo immaginifico sono stata decisamente meglio... ma questa è un'altra storia.