E disinnesco i centri del respiro
non chino sguardi non mi capovolgo
(Se come della terra ultimo giro)
Per quello che non voglio e che non colgo
Chè niente più disdegno o anche ammiro
Ed avversata a me la vista volgo
se troppo rotta dallo strappo e il tiro
io mi rilevo stacco sposto e tolgo
achenio e drupa e mai foglia di bosso
chè la mia vita sì snervo e disosso
e mai vivere mai a nessun costo
a nessun costo aver quel che non posso
a che lagnarsi ancora se d’opposto
tant’è confuso il giorno ed incomposto
I versi che ho riportato in verde sono quelli che mi piacciono e nel cui significato si riesce meglio a entrare, mentre il terzo, quarto e quinto 'oppongono resistenza' a una lettura che ne colga immediata comprensione, e anche alle riletture successive non mi si svelano molto bene. L'ultima terzina pure mi dà un senso di pesantezza, probabilmente anche l'allitterazione stessa s'impone contribuendo a ciò.
Ritmicamente e metricamente questa volta ci siamo, direi che è perfetto; la musicalità ovviamente è legata al sonetto e perciò ripetitiva, ed è questo il motivo per cui relego la forma poetica del sonetto a sporadiche (mie) prove, perché mi è successo spesso, leggendo sonetti in successione, di non riuscire ad andare oltre il secondo e il terzo.
Comunque direi non male relativamente ai versi evidenziati, negli altri sicuramente c'è qualcosa da rivedere ma nell'insieme è una prova abbastanza buona, considenando la forma chiusa che il sonetto impone e il tentativo di svecchiarne il linguaggio.
Il risultato è un ibrido tra ritmo del sonetto classico e lo stile che ricorda la quello della Valduga.
Preferisco l'altra tua poesia lunga, che rileggerò quando avrò più tempo.
Alla prossima.
[Modificato da Versolibero 14/10/2011 15:09]
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"Le parole sono 'contenitori' troppo angusti per le mie emozioni e quando, leggendo, le sento 'soffrire'
o mi segnalano delle 'sofferenze' corro a liberarle senza pensarci due volte per provarne di più adatti".
(citazione di EEFF)