Amare non è amore

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Francesca Coppola
00martedì 30 agosto 2011 12:46



hai le mie mani, certo
un punto a sfavore dirai
in questo gioco al massacro

loro si arrampicano
arrabbiate poi scivolano:
la tua pelle è una collina di ghiaccio

Quando l’amore ha valigie stanche
non ci sono destinazioni

le diramazioni come fantasmi
si nascondono in mappe bruciate

senza caccia al tesoro



Ecat Mel
00martedì 30 agosto 2011 14:58
su questa ci ritorno con più calma... l'ultima strofa mi piace moltissimo!
bacio
Nihil.
00domenica 4 settembre 2011 14:42
La ritengo un gradino sopra le ultime che ci avevi proposto: parti da un'intuizione semplice ma non banale, la sviluppi in maniera chiara e stringata, il finale è buono anche se leggermente sovraccarico.


Versolibero
00domenica 4 settembre 2011 15:19
Sono d'accordo con Nihil: questa è molto più chiara e comunicativa, mi piace tutta, toglierei solo 'certo' al primo verso; quel 'loro' imperfetto grammaticalmente è ottima scelta per dare quasi un senso di non appartenza delle mani, come se le guardassi da lontano:
il suono duro e faticoso di 'si arrampicano arrabbiate' è un significante che rende bene il significato, si avverte un percorso intimamente controverso e duro e risalta quello scivolare improvviso (forse a scivolano avrei aggiunto 'precipitano', ma non è essenziale).
Il verso centrale resta nella memoria, ma tutta questa parte è da plaudire per l'intensità e la scorrevolezza, oltre che per la chiarezza comunicativa:


si arrampicano
arrabbiate poi scivolano:
la tua pelle è una collina di ghiaccio

Quando l’amore ha valigie stanche
non ci sono destinazioni
le diramazioni come fantasmi
si nascondono in mappe bruciate
senza caccia al tesoro



Brava Francesca, oltretutto penso che siano in molti a identificarsi in questi versi e a sentirli come propri.

Ciao

[SM=g9495]


alex manunta
00domenica 4 settembre 2011 17:58
Sai, Francesca… dici bene: l’amare non è amore. Mai sia, è appena puro egocentrismo.
Se veramente ne dovessimo incarnare il significato (Dico, non proprio quello inarrivabile del Gesù Cristo sotto la croce alla via crucis, tantomeno quello per essere restato cosciente al dolore rimanendo appeso ai chiodi di miserie umane tra rare manifestazioni della misericordia in carne ed ossa) , il dolore che includerebbe non lo sopporteremmo. Quello che al giorno d’oggi (per la maggiore) si riconosce come tale poi, è appena insignificante: millantata percezione, scomoda se non corrisposti. L’amore, se mai tra gli uomini sia mai esistito (Mahatma Gandhi , Che Guevara, Martin Luther King, Padre Pio, Bob Marley, Madre Teresa e Giovanni Wojtyla, ad esempio non sono paragonabili, in quanto per me pure manifestazioni di Dio sceso in terra come fu per Gesù Cristo), è stato semplicemente mantenere un equilibrio tra il proprio egoismo e quello del suo prossimo. D’altra parte, penso lo si possa arrivare abbastanza da vicino semplicemente riconoscendo, almeno, la pochezza con cui lo idealizziamo. Ora, non voglio proprio fare il Padre Livio Fanzaga della situazione, seppure come lui io sia la testimonianza di quanto tutto il bene abbia superfice per i suoi opposti estremi. Dico questo per esprimere il punto di vista che ho raggiunto. Solo un punto di vista personale, certamente.
Poi (dico quest’altra cosa sempre in onore al libero pensiero), non si dovrebbe mai dare alla poesia l’incombenza di dire. E, detto da uno che di improduttive dinamiche se ne intende, non è una cattiva osservazione. La poesia deve avere un compito meno preciso di chi la legge, sempre. Detto questo vi saluto e mi ritiro nella mia latitanza.

Ciao a tutti e buon proseguimento.

Ale.
Francesca Coppola
00lunedì 5 settembre 2011 13:51

Rispondo a tutti, ringraziandovi del passaggio e del riscontro [SM=g8320] .


Inizio col dire che questo testo fa parte della mia ultimissima produzione, una raccolta di circa 30 testi che pubblico con molto pudore ed una tantum per intenderci, proprio perché li sento diversi.
Ora non starò qui a dire se migliori o peggiori, in quanto non mi interessa, sinceramente, si tratta pur sempre di gusti personali.
Fanno parte di me e in quanto tali, faccio ancora fatica a staccarmene.

Chi mi conosce da un po' di tempo sa quanto questo cambiamento sia stato graduale, oserei dire lentissimo e da dove, in realtà, sono partita.

Sono d'accordo con Leo, quando dice che parto da un'intuizione semplice e che magari il finale è sovraccarico, per questo ho modificato la divisione per rendere la lettura più lenta e incentrare maggiormente l'attenzione su alcuni punti.


Apprezzo quanto dice Ros e mi fa piacere constatare che una volta tanto ciò che scrivo può essere universale. Ma quel -certo- lo ritengo essenziale, in quanto assieme al resto esprime l'amarezza del "tutto". Ora le mie mani per te saranno delle nemiche, guarda un po' com'è strana la vita... ma quando si è al capolinea non esistono bivi e primeggia un generale senso di oscurità, poi magari più in là cambia... ma ora no!


E sono d'accordo anche con Alex quando dice che non si può sovraccaricare un testo di significati. D'altronde ci sono molti modi per emozionare, prime fra tutti le suggestioni, alcune immagini anche se non chiarissime evocano - in qualche modo- un qualcosa, dentro.



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