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rebecca

Ultimo Aggiornamento: 18/01/2011 15:44
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16/01/2011 23:40
 
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Smetteva di parlare all'improvviso come se qualcuno o qualcosa avesse improvvisamente attratto la sua attenzione, un fiocco di neve tra i capelli, una luce particolare che tagliava in due il soggiorno, come un sipario di buio e luce.
Poi, dopo un lungo sospiro, riprendeva dal punto esatto dove si era interrotta lasciando lì, nell'aria, sospesa come una nuvoletta fumo, un'atmosfera di mistero e curiosità, che sempre sapeva suscitare nei suoi interlocutori.

Era fatta così Rebecca, una gran confusione di segni che le mani lunghe e sottili tracciavano nell'aria e una massa di riccioli bruni, spettinati ad incorniciarle il viso.
Dalla finestra aperta arrivava un'aria salmastra che pungeva le narici e la risacca aveva lo stesso respiro ampio della giovane donna sdraiata sul divano.
La notte si allungava sotto la pioggia battente a ricoprire gli edifici, colmando il vuoto delle stanze dove non c'era più nessuno per cui piangere, solo un ricordo che risaliva lungo le pareti bianche della casa come un piccolo granchio.
Fuori tardava a spuntare l'alba, un groviglio di spine oltre i vetri, come campi recintati da storie quotidiane, nulla di vero e di speciale, in fondo, per cui valesse davvero la pena di vivere o, forse, di morire.
Eppure in quella stanza Rebecca aveva occhi grigi spalancati sul mattino ancora a venire e in ogni nuvola vedeva allungarsi, come in un gioco di bambina, un profilo di uomo, con la bella bocca piegata in un amaro sorriso. Bastava quello a sentire sul suo corpo immediatamente uno sfiorare di mani forti e al contempo gentili che sembravano giocare con la sua pelle.
Lo aveva conosciuto in un posto qualunque, un piccolo bar di periferia, capitati lì non si sa come, lei si era smarrita, seguendo una complicata mappa stradale, lui, appena sceso alla stazione centrale, cercava un hotel per una notte. Il caffè era pessimo, così dopo essersi guardati negli occhi, sconsolati, cominciarono a ridere come due matti. Parecchie ore e e alcune bottiglie di vino rosso erano ancora lì, incapaci di ricordare altro delle loro vite se non quel momento, come fossero nati appena, in quell'istante.
Rebecca glielo disse, con la stessa semplicità che aveva di ridere e di sentire il gusto delle cose: - Ci siamo conosciuti appena eppure, Mark Steiner, voglio far l'amore con te, stanotte -

Ed era tutto quello che avrebbe voluto ancora se fosse rimasto insieme a lei e non lo avesse rapito, maldestra, la morte, raggomitolata al suo fianco, quella notte. Aneurisma cerebrale, le avevano detto all'ospedale, dopo una corsa folle nel tentativo estremo di salvarlo. Ed ora lì, inerte, stupita di non sentire male, senza una lacrima, solo un poco stordita. Istintivamente posò la mano sul ventre e finalmente riuscì a sentire una lacrima scorrerle lungo il viso.

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18/01/2011 15:44
 
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ti dico: bellissima! poi tornerò. [SM=g11405]

"La più alta forma di intelligenza umana è la capacità di osservare senza giudicare." (Jiddu Krishnamurti)
robertadaquino.wordpress.com



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