Non ho avuto paura del buio. Credo. A quindici anni credo sia almeno auspicabile. Sentivo il suo alito caldo e acido sul collo, il puzzo di mozziconi bruciati. Ho sentito lo scatto del serramanico. Volavo a due centimetri dal pavimento, come un abile maestro ninja, come un super eroe da fumetto, come un bambino di due anni che fugge dalla porta socchiusa della cantina buia.
Non potevo, non volevo voltarmi. Lui era lì e mi avrebbe preso. Mi avrebbe portato in qualche posto dimenticato da Dio e dagli uomini per sottopormi a torture inimmaginabili, persino per il più fantasioso e intraprendente torturatore cinese. Ho trovato le chiavi di casa e le ho infilate nella serratura in meno di un secondo. Sentivo il puzzo di sigarette misto a quello di un Whisky scadente, il freddo della lama che si avvicinava alla mia gola.
Lui era lì.
Ho divorato i sedici gradini delle scale a due alla volta. Nella fuga silenziosa ho superato l’interruttore che avrebbe illuminato il volto deturpato del mio assalitore. Troppo rischio tornare in dietro.
Lui era lì.
Uno strofinio. Il cuore andava a seimila giri. Un rumore di passi. Panico. Ho arrestato la corsa troppo bruscamente perché le mie scarpe di tela potessero far presa sul pavimento. In un attimo ero con il sedere spalmato in terra e gambe all’aria. Una luce accecante ha invaso in un attimo lo spazio della vista. Un tintinnio. Gocce di sudore venivano giù dalle radici dei capelli fin dentro gli occhi. Il cuore pompava tanto liquido da tenere a pieno regime una centrale idroelettrica. Nella confusione totale dei pensieri dominò per un istante la paura cosciente che le arterie non avrebbero mai potuto sopportare una tale pressione sanguigna. Il cervello era ormai un vecchio televisore a valvole completamente fuori sintonia.
Ho impiegato qualche secondo a mettere a fuoco la situazione e a notare l’agghiacciante verità. Mio padre era lì, in mutande, con la maniglia della porta del frigo nella mano destra e una bottiglia di Gatorade al limone nella sinistra. Mi ha guardato con uno sguardo stupito per qualche attimo. Ha richiuso la porta del frigo ed è tornato a letto mormorando qualcosa che assomigliava preoccupantemente alla parola IDIOTA!
Sono piombato così velocemente nella realtà che non ho potuto trattenere le lacrime. Forse di gioia per aver immaginato tutto, forse di vergogna, forse perché ho realizzato in un attimo di stare davvero impazzendo…
[Modificato da Pietro.Barone 11/07/2011 14:53]