00 04/05/2010 23:16
Visto che nessuno si fa avanti, comincio io, con l'introduzione al mio lavoro



Primo problema da affrontare: come suddividere questo diario?
Per argomento avrebbe poco senso: non si può sapere in anticipo la direzione del pensiero, dove l’Essere mi chieda di esplorare. La data è un sistema illusorio: i pensieri non iniziano né terminano, non seguono il tempo lineare di nascita, sviluppo e morte, ma quello a spirale di un continuo intersecarsi di nascita e morte a piani ascendenti (e perché no? Discendenti).
E se rinunciassi a qualsiasi suddivisione? Non ce la farei, sono un frammentario sistematico, uno di quei pervertiti per cui il culto della scheggia presuppone la conoscenza del legno che l’ha lasciata andare alla deriva.
Per comodità sceglierò dunque la data, giusto come segnalibro, un’orecchietta lasciata su pagine lette e rilette, e che pure mi costringono continuamente a tornarci sopra, come se il piano mentale su cui lavoro traballasse senza le gambe fornite dal pensiero altrui.

Che senso ha questo diario? Delimitare, ricostruire, lasciare una traccia del pensiero e del suo farsi. A volte pare che un pensiero mi attraversi, scelga il mio corpo (non il cervello, o almeno, non solo quello) per trovare espressione, una forma con cui comunicarsi all’altro; è strano che questa forma presupponga una compressione del fiato, un’accelerazione del cuore, una febbre celebrale che si spegne non appena le parole fluiscono e trovano un ordine, per quanto provvisorio, traballante, frammentario quasi non vedessero l’ora di rompere il congelamento forzato ritornando a pulsare nel corpo.



"Il poeta è puro acciaio, duro come una selce" Novalis

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