“Poesie” di Bianca MADECCIA
ALTA TENSIONE
Sono nata nel giorno dell'alta tensione,
la mia arma preferita il pugnale arabo,
quella, cioè, che più mi somiglia
nel suo linguaggio di giri corti e serrati.
(dalla raccolta inedita “Alta tensione”)
Vetro
Madre
Dove son finite le tue parole di ieri?
Le ho lasciate entrare dentro di me
- grata -
acqua nella terra secca
Nulla
a parte quei pezzi di vetro
che stanno li’ piantati da una vita.
Lo porto scritto in faccia
-Assolvimi Madre
perche’ non ti somiglio -
E tu l’hai fatto Madre
Tu hai fatto piovere
le parole giuste
- Chi e’ sano va via -
Epitaffi
Scrittrice di epitaffi sulle lapidi dei cimiteri
Donna del disincanto
Raccolgo pene di cuore e amoreggiamenti
In questo mondo ricoperto di polvere
E sono così brava
che ho un camposanto tutto mio.
E’ una gioia a primavera
potare le roselline bianche e sfrondare la verbena.
Dei fiori che colsi ne faccio corone.
Di quelli che non colsi
poesie che poggio sulle lapidi
In ogni angolo della mia anima
c’è una lapide ad un Dio differente
Acqua
Io sogno
un indumento d’acqua
assolo di vetro
e nel mio sogno
le parole
golfo cristallino
acque pericolose e incerte
onda di seta
vela d’angelo spezzata
si tuffano
lacerando
in piena luce
*
CREDO
Credo
nella trama fitta
delle piccole cose
in un segreto linguaggio circolare
nelle minute presenze invisibili
Credo
negli echi
nelle ombre
nell’impalpabile
nei cori notturni sul mare
Credo
nelle musiche sussurrate dalle pietre
nell’idioma delle nuvole
nel silenzio delle parole
nei discorsi contenuti nel silenzio
oggi credo
e mi unisco al coro dei cantori
dell’esistente
invisibile
Alla luna
Un guerriero zen
innamorato della morte
parla parla parla
mentre mostra
le cicatrici alla luna
per farla invaghire di sé:
“Vedi? Potrei morire domani
se solo volessi”.
L’astro non risponde
e osserva dall’alto
questa eternamente mimata
vicenda adolescenziale.
Agli umani piace recitare.
Che ne sanno loro di una vita infinita?
Che ne sanno loro della morte eterna?
Ci sono già state ere glaciali,
né migliori né peggiori di queste.
Tutto il resto è teatro.
Una tragedia,
quando si ripete due volte,
diventa farsa.
Gabbie
Sazia di scalare stelle
mi spingo verso il mare
Ora tu sogni lenzuola stese al sole
io invece di notte
sogno falò
Il giorno ci sveglia
e costruisce per noi
grandi gabbie di vetro
Di nuovo i papaveri
saranno solo macchie di linguaggio
che non sanno nulla di me
Ma non li rinnego
Anche oggi
Li reggo.
Maestrale (Invettiva)
Ah, che il disprezzo seminato ti invada il giardino
E il terrore di notte ti tormenti in sogno
Vederti annegare nelle lacrime che spargi
E la rabbia che hai dentro bruciare come fosforo l’aria
Che insipienza di vita ti renda il pane sciapo
Condannato a desiderare e a non poter mai avere
Lebbroso scacciato da tutte le porte
Costretto a vagare senza meta
La tua stirpe sparsa ai quattro venti
Possa solitudine tenerti compagnia a vita
Il dolore abitare in eterno a casa tua
E allearsi con buio e tempesta
E tu vivere in ombra perenne
Che anche la terra si rifiuti di accogliere le tue ceneri
Che tutto l’odio che hai ti ritorni indietro
Moltiplicato per mille e poi mille ancora
Sotto forma di gelo, disprezzo, pensiero, catena, tortura,
amore
E’ sera
E’ sera sorella e ti guardo
Ti frugo
con occhi di umore-caledoiscopio che fluttua
Inquieti, diversi, mai appagati
Ecco tutto
E’ sera e mi guardi sorella
Quello sguardo, il tuo
non lo conosco
ne’ forse lo conoscero’ mai
calmo, pieno, rotondo
occhi vuoto-colmati
cerchio perfetto
privo di tragicita’
tenerezza che non teme di mostrarsi
Lo amo
Lo amo e lo invidio
quel modo
di posare gli occhi sul mondo
LA CUOCA
Mi arrangio come posso
ad addensare sapore
attorno alla vostra esistenza.
Ma il mio cibo non vi piace.
forse
perché sa di miseria.
Non dovreste disprezzarlo, no
è vivace,
ingegnoso,
fresco
fatto di cose semplici e disperate.
Ah, sì, lo so,
ha un sapore instabile,
di vita arrangiata giorno per giorno
impastato
delle piroette molteplici
di chi ha colto il senso quotidiano
sull'orlo degli abissi.
Disprezzando il mio cibo
disprezzate
l'ingegno di vivere,
l'arte di arrangiarsi
la finzione obbligata
di una
costretta a restare a galla
per Voi
O morti annegati nella consuetudine tombale
di un cibo senza più desideri né ricordi
(dalla raccolta inedita “Alta tensione”)
PERFETTAMENTE INTERCAMBIABILE
Cambio di turno.
Altrove.
Non toccano più a te
echi, ripetizioni,
stanche orologerie erotiche
sillabe cadute.
In quel posto non più tuo
sotto la coperta rossa
una donna diversa
ma non differente
ridà vita allo stesso
copione di sempre.
Il tuo corpo, fantasia innevata
perfettamente intercambiabile
ha lo stesso peso del suo.
E il suo
gelida immagine di scintilla
racchiusa in sfera di vetro
più del tuo non conta.
(da “Poesia d’amore al femminile”, ed. Akkuaria 2005)
*
Biografia breve:
Bianca Madeccia nata a Napoli il 1962, è giornalista. Ha pubblicato microracconti, sillogi poetiche, saggi, traduzioni. Suoi testi sono stati pubblicati in numerose antologie di poesia. E’ autrice di una raccolta poetica “L’acqua e la pietra” (LietoColle 2007) e di due raccolte poetiche inedite. E’ appassionata di fotografia e arte materica che ama contaminare con testi poetici.
biancamadeccia.wordpress.com
<<Versi netti e levigati, questi di Bianca Madeccia, dall’attrito sfidante – nei temi e nello stile – di un percorso di essenzialità e verità della parola, di uno sguardo nudo ed interiorizzato sul mondo.
I testi che si propongono ci parlano di elementi primigeni e archetipici, di una ricerca tesa a scoprirne la chimica segreta, l’”acqua”, “le piccole cose”, “il silenzio”, “l’idioma delle nuvole”, “il golfo cristallino”, il “segreto linguaggio circolare”, “le musiche sussurrate dalle pietre”.
L’autrice, allo stesso tempo, è “donna del disincanto”, che diffida comprensibilmente dei “buoni sentimenti”, e rilancia: “(possa) il dolore abitare in eterno a casa tua/…/Che tutto l’odio che hai ti ritorni indietro” (Maestrale); senza però che venga meno il sogno (“Io sogno/un indumento d’acqua/assolo di vetro” (Acqua)), e una fede, accorta, non disgiunta da una scommessa sulla vita: “Credo/negli occhi/e nelle ombre/nell’impalpabile/nei cori notturni/…/e mi unisco al coro dei cantori/dell’esistente/invisibile”.
Non sfugge, inoltre, di questa poesia la tensione etica e programmatica (“Io sogno/…/le parole/golfo cristallino” (Acqua), “Credo/…/nel silenzio delle parole/nei discorsi contenuti nel silenzio”), consapevole dell’unicità d’ogni uomo, della solitudine e responsabilità che ne deriva (“Lo porto scritto in faccia/-Assolvimi Madre/perché non ti somiglio”), accettate con dignità, e a muso duro.>>
(Giovanni Nuscis)
"(...)Le ascoltavo, seduto sul ciglio delle strade,
nelle calme sere di settembre in cui sentivo
sulla fronte le gocce di rugiada, come un vino vigoroso;
in cui, rimando in mezzo a quelle ombre fantastiche,
come fossero lire, tiravo gli elastici
delle mie suole ferite, con un piede contro il cuore."
Arthur RIMBAUD