Ciao nihil, devo innanzitutto ringraziarti per la tua attenzione e pazienza, le mie risposte arrivano sempre con tempi biblici e soprattutto se. La tua impressione è precisa, questa è nata dal mio consueto impulso di liberarmi da qualcosa che mi esplode in petto e, piuttosto un grido taciuto. Non so, partendo dalla scelta del titolo sembra che io voglia a forza incasinarmi le cose, mentre le avevo ben chiare sul lavoro da farci su, non certo volendo esprimere un significato universale del termine ma, provando a tracciare il seme del tale distruttivo comportamento. Come da sempre prediligo nello scrivere, tento di scaturire immagini nel lettore, scatenandole proprio come si scatenano nel mio immaginario, correndo il rischio, appunto, di lasciare scatti poco nitidi, quando anche quelli accidentali al pavimento. Come li hai rivisti tu quei passaggi non mi dispiacciono, no, e mi hai convinto a rimetterci mano, altrimenti io la avrei lasciata affogare lentamente nel dimenticatoio. Da qui poi la inserirò anche in altro spazio. Spero convinca. Ciao e a presto.
come procede un viaggio
da seduto siedi, ovattato al finestrino
correndo dietro a cose dove sono
solo che puoi attenderti sorprese
tue comparse fronte un obiettivo
improvviso che sorridi, ci ripensi
e sfochi
-sotto la voce: io che non vivo-
così anche nelle passeggiate
calme tra gli affitti a poco dei rioni
i panni stesi i pini le altalene
dicono cosce bianche al sole, carrozzine
le barbe uscendo dalle edicole e di carta
strappi per gli avanzi ai gatti, ripuliti
unti come grida di bambini a sera
-dicerie-
e beato lui. Il tempo non insiste.
«Detesto i prati perché tutti hanno un prato con l'erba e, quando si tende a fare le cose che fanno tutti gli altri, si diventa tutti gli altri.
(Charles Bukowski)
-Siamo spazi indefinibili. Sempre noi ci riduciamo alla parola oltre- (alex manunta)