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IV

Ultimo Aggiornamento: 08/09/2011 13:16
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07/09/2011 19:48
 
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ho già scritto che la dialefe c'è quando entrambe le vocali sono accentate, in fatti nel verso che hai riportato "e" e "io" sono enrtrambe accentate. ti avevo riportato anche un verso di patrizia valduga che smonta la possibilità di dialefe con una vocale accentata e l'altra no. poi ci sono casi e casi. secondo me questo è un caso di sinalefe tra "striminzisco e io".


Casa mia è posta ai piedi di monti verdi./Mi piace salire sopra quei monti verdi;/Ma sui monti verdi non ci posso salire:/Come ci salgo mi viene la malinconia.
Hen Xun
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07/09/2011 19:52
 
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sterile polemica in quanto hai impiantato una discussione che importa solo a te: se il secondo verso sia un endecasillabo o meno. io avevo dubbi sulla qualità dell'ultimo.


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Hen Xun
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07/09/2011 20:01
 
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ho appena trovato un verso di patrizia valduga da donna di dolori (scusatemi se cito solo lei ma sono gli unici libri che ho adesso con me): lo cito sperando di essere esaustiva: "cosa c'è poi di strano?...io non rispondo".


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Hen Xun
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Post: 793
07/09/2011 20:07
 
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Forse dimentichi che, postando al pubblico e per di più in un laboratorio, il lettore può prendere benissimo in esame la forma, sotto qualsiasi punto di vista, al di là di quelli che sono i tuoi intenti sui quali non voglio sindacare, tra l'altro la discussione si è protratta perché io e maredinotte stiamo discutendo di tesi opposte e senza alcuna polemica.

Poiché ho notato che tre versi su quattro sono endecasillabi, non potevo non farti notare che uno su quattro secondo me non lo è.

Riguardo a: <<aggiungo solo che l'accento nel verso non è su "IO" ma su "MI". quindi 2-6-8. con questa chiudo>>
ci tengo a dire che non ho menzionato le sillabe su cui cadono gli accenti tonici nel verso, ma distinto invece la vocale "i" debole di "aiuola" da quella di "io" che diventa forte per via dell'accento sulla ì, da cui da dialefe.



______________________________________________________________________________
"Le parole sono 'contenitori' troppo angusti per le mie emozioni e quando, leggendo, le sento 'soffrire'
o mi segnalano delle 'sofferenze' corro a liberarle senza pensarci due volte per provarne di più adatti".
(citazione di EEFF)
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07/09/2011 20:18
 
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Re:
daltonsuperfux, 07/09/2011 19.48:

ho già scritto che la dialefe c'è quando entrambe le vocali sono accentate, in fatti nel verso che hai riportato "e" e "io" sono enrtrambe accentate. ti avevo riportato anche un verso di patrizia valduga che smonta la possibilità di dialefe con una vocale accentata e l'altra no. poi ci sono casi e casi. secondo me questo è un caso di sinalefe tra "striminzisco e io".



Scusa, ma dove lo vedi l'accento sulla prima "E"? semmai puoi dire che la "e" è una vocale forte, come lo è una i su cui cade l'accento nella pronuncia di una parola: pianto ha la i debole, pendio ha la i che diventa forte perché nella pronuncia è lì che cade l'accento, perciò E e Io si elidono, come si elide la O vocale forte e la I di io nel tuo verso.



[Modificato da Versolibero 07/09/2011 21:33]


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"Le parole sono 'contenitori' troppo angusti per le mie emozioni e quando, leggendo, le sento 'soffrire'
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07/09/2011 20:20
 
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ok.hai ragione. uno può prendere in esame qualsiasi aspetto della poesia. ma secondo me gli accenti tonici del verso sono importanti per stabilire se siano presenti dialefe o sinalefe.


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Post: 118
07/09/2011 20:24
 
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e poi io chiedevo a voi un consiglio su un aspetto a mio parere più delicato e sostanziale di quanto credo possa essere la questione tecnica (che a torto o a ragione non mi preoccupa). invece alla fine mi sembra che questo spazio di confronto sia diventato una cattedra, o nel migliore delle ipotesi una pedana da cui si sono lanciate sfide che si misurano a colpi di link.


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Post: 118
07/09/2011 20:31
 
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anche per colpa mia sicuramente.


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Post: 793
07/09/2011 20:34
 
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Re:
daltonsuperfux, 07/09/2011 20.01:

ho appena trovato un verso di patrizia valduga da donna di dolori (scusatemi se cito solo lei ma sono gli unici libri che ho adesso con me): lo cito sperando di essere esaustiva: "cosa c'è poi di strano?...io non rispondo".



Il verso che hai riportato di Valduga? Per me è un ipermetro, e abbondantemente!


che \ co\sa \c'è \ poi\ di\ stra\no\ io\ non\ ris\pon\do

a me risultano essere ben 13 sillabe!

Ma quand'anche si volesse considerare in sinalefe le vocali in "strano_io" (orrore!), sarebbero comunque 12 sillabe!


Termino dicendoti che io non studio metrica sulle poesie di Valduga (che, in genere, nemmeno mi piace come poetessa), ma se tu la consideri esemplare per la metrica canonica, fai pure...

Ciao [SM=g8320]


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Post: 793
07/09/2011 20:47
 
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Re:
daltonsuperfux, 07/09/2011 20.20:

ok.hai ragione. uno può prendere in esame qualsiasi aspetto della poesia. ma secondo me gli accenti tonici del verso sono importanti per stabilire se siano presenti dialefe o sinalefe.



Gli accenti tonici sono importanti eccome, per dare ritmo al verso, in genere ci sono tre accenti forti, vero? Parlo dell'endecasillabo canonico; però una cosa è importante sottolineare: gli accenti tonici (metrici) non possono spostare l'accento ortografico di una parola;
mi spiego: noi pronunciamo paròla, mai pàrola o parolà, quindi nel verso l'accento tonico non potrà che cadere sulla ò, per questo sarebbe brutto leggere iò, per esempio.



daltonsuperfux, 07/09/2011 20.24:

e poi io chiedevo a voi un consiglio su un aspetto a mio parere più delicato e sostanziale di quanto credo possa essere la questione tecnica (che a torto o a ragione non mi preoccupa). invece alla fine mi sembra che questo spazio di confronto sia diventato una cattedra, o nel migliore delle ipotesi una pedana da cui si sono lanciate sfide che si misurano a colpi di link.



no, scusa, sei stata la prima a lanciare i link, e te ne ringrazio, solo che non erano esaustivi. Che male c'è nell'andare a fondo a una questione? Sei fortunata ad essere arrivata qui, in genere altrove abbonda buonismo e superficialità.

Non ho inteso trascurare la questione per te principale, ma lì si tratta di contenuto e non avevo nemmeno capito bene cosa volessi cambiare. Se hai in mente delle alternative, ti posso (e possiamo) dire in base al mio\nostro gusto.

Non parlerei neppure di colpa tua, è stato un confronto vivace, sennò sai che noia :), ora però ci siamo spiegate [SM=g8320]

Ciao


[Modificato da Versolibero 07/09/2011 21:35]


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Post: 118
07/09/2011 20:52
 
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aspetta il verso di patrizia è "cosa c'è poi di strano?...io non rispondo"
adesso non dirmi che pure patrizia valduga non sa fare gli endecasillabi perchè proprio....


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Post: 118
07/09/2011 20:55
 
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non discuto se possa piacere o meno, ma metricamente patrizia valduga è esatta. cioè scrive solo endecasillabi in forma chiusa. penso che sia più attendibile di tutti i manuali di metrica che ci siano in circolazione.


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Post: 793
07/09/2011 22:06
 
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Non sei mica lei? [SM=g8119]
A parte forma chiusa o forma aperta, non mi dirai che il quarto * di questi suoi versi è di undici sillabe


lor secrezioní, escrezioni contermini,

con il sangue che ruota torno torno,

viaggi spermatici andata e ritorno

su ire rientrate, su affetti raffermi, *


perché è un dodecasillabo bello e buono, canonico, quindi...

Però tutto è giusto se ne siamo convinti.





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Post: 118
07/09/2011 22:19
 
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ne stai facendo (e inutilmente) una questione di principio. è tutto quello che c'è da dire su questa faccenda. il verso che ti ho citato è CHIARAMENTE un endecasillabo.
COSA C'è POI DI STRANO? IO NON RISPONDO.

conta.




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Post: 118
07/09/2011 22:42
 
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se patrizia valduga non è secondo te accettabile, ecco un verso dall'adone di giambattista marino:


"che 'n essilio perpetuo io non ti mandi".

poi non lo so
può essere anche che marino non scriva in endecasillabi. fammi sapere.


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Hen Xun
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Post: 686
08/09/2011 10:40
 
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Questo scambio mi dà l'occasione di specificare qualcosa che avevo lasciato correre.
Avevo accostato i versi di Dalton a quelli della Valduga, del tutto convinta di fare un gran bel complimento; non è stato preso per tale, e mi ha sorpresa la cosa. Forse ero stata troppo sintetica, quindi estendo: notavo la stessa cura metrica e lo stesso ritmo. La cosa è talmente palese che anche Dalton, qui, cita Valduga come fonte autorevole per la canonicità dell'endecasillabo; a dimostrazione che la poetessa è fra i suoi riferimenti più cari. Elemento legittimo e - secondo me - più che dignitoso: ognuno ha i propri modelli, e - si voglia o non si voglia - in trasparenza dalle proprie poesie emergono.

Su tutta la questione dell'endecasillabo: è il verso più diffuso della poesia italiana (come tutti sanno) e nei secoli è stato sottoposto a molte variazioni, piegature. Lo si può quindi adoperare come meglio si crede, in chiave tradizionale o avanguardistica, spezzato e ricomposto, ecc. Ciò che conta, come è stato detto, è la resa all'orecchio, l'armonia. E qui l'orecchio musicale non manca, anche se ognuno ha il proprio (ed è qui, secondo me, che casca l'asino! ;-))) ).

Un abbraccio circolare.


http://fiorelladerrico.wordpress.com
http://fiorelladerrico.blogspot.com

"Se tu la mia tomba vorrai sfiorare con le delicate mani poni una pietra di ferro e di peso sulla bianca lastra che mi copre, e tu scriverai il verso che chiude l'intenso paragone."
Amelia rosselli
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Post: 793
08/09/2011 12:04
 
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x Clodia:

io stessa avevo notato la somiglianza di stile con la Valduga, ma non ho detto niente perché per me non è né un merito né un demerito, mi sono permessa di dire, come inciso, che a me la Valduga in genere non piace (ho sempre preferito la Sexton e la Plath), ma questi sono gusti soggettivi e accetto che per altri la Valduga sia considerata poetessa eccelsa, come gusto.
Chi, oltre a scrivere in endecasillabi perfetti nel linguaggio del proprio tempo, è musicista, potrebbe trovare - anzi trova - in alcuni suoi versi delle stecche, ma non è di questo che si dovrà discutere qui, se non per il fatto che mi viene portata a modello, anzi Vangelo in fatto di endecasillabi.
Ciò di cui non si tiene conto, è che nei secoli, valenti Autori, hanno usato la sinalefe o la dialefe in maniera personale, se non arbitraria, a seconda di ciò che era in uso nella scrittura del loro tempo; io stessa tendo a usare la sinalefe con molta naturalezza, ma ci sono casi in cui la dialefe è d'obbligo, secondo me, non perché lo stabilisca io, ma perché sono i foni, le emissioni di foni a scandirla.
Ovviamente, per chi ha un orecchio allenato, non c'è bisogno di contare: la sillaba in più o in meno si sente anche perché sposta gli accenti, che non saranno più quelli canonici del verso metrico se il rapporto tra numero di sillabe e posizione degli accenti forti non è corretto.
D'altronde, accusare gli altri di non avere orecchio e consigliare loro di scrivere in verso libero lascia il tempo che trova. Forse che chi suona la musica ad orecchio è più professionale di un musicista che ha anni di studio? Sicuramente gli studi si basano su delle costanti e su regole fisse, ovviamente non sto parlando di creatività e fantasia, ma di tecnica, per un risultato che eviti la stecca (a meno che non sia voluta e usata consapevolmente.

Dal punto di vista formale, dunque, mi prendo la facoltà di ricordare che molti Autori che scrivono in endecasillabi, e sanno che l'endecasillabo è di 11 sillabe, specialmente se scrivono poemi lunghi, non sempre usano scrivere in endecasillabi canonici (di undici sillabe con accenti canonici), ma inseriscono, spesso consapevolmente, degli iperversi (o ipo), anche per interrompere una certa cadenza. Ecco perché, di fronte all'equazione scrittura di Valduga = certezza degli endecasillabi mi sono permessa di dissentire portando ad esempio quel verso che è un dodecasillabo. Per questa stessa ragione è inutile che mi si portino ad esempio altri iperversi con una sillaba in più, quando anche io, a volte, inserisco volutamente un iperverso, ma non lo chiamerò endecasillabo.
(Mi riferisco all'endecasillabo piano,ovviamente, perché quello tronco conta dieci sillabe e quello sdrucciolo una o più sillabe in più).



Rosanna


[Modificato da Versolibero 08/09/2011 12:16]


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Post: 118
08/09/2011 12:48
 
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cosa non è disposta a fare la gente pur di aver ragione. se serve per farti dormire tranquilla, ok, sono dodecasillabi tutti e tre i versi: il mio, quello di valduga, e quello di marino.

spero che la discussione finisca qui. ciao.



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Hen Xun
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Post: 118
08/09/2011 12:52
 
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per clodia.

assolutamente!!! è il complimento più bello che potessi ricevere!



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Hen Xun
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Post: 118
08/09/2011 12:55
 
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e, rosanna, è vero che valduga scriva dodecasillabi ogni tanto, ma andarli a cercare è voler trovare il pelo nell'uovo. e non credo che siano propriamente "stecche", ma credo siano voluti.


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